In Sudan la popolazione vittima di «violenze di ogni genere»

Il rapporto di Medici senza frontiere. Impatto catastrofico dei combattimenti. Ospedali saccheggiati e attaccati. «24 milioni di persone hanno bisogno di aiuti umanitari»

“A war on people. Il costo umano del conflitto e della violenza in Sudan”. Si intitola così l’ultimo rapporto internazionale pubblicato ieri, 22 luglio, da Medici senza frontiere (Msf), che descrive le violenze perpetrate dalle Forze armate sudanesi (Saf) e dalle Forze di supporto rapido (Rsf) e dai loro sostenitori sulla popolazione civile in tutto il Paese. Omicidi, torture, violenze sessuali ed etniche. In più, operatori sanitari e strutture mediche sono fatti oggetto di continui attacchi, nonostante una delle peggiori crisi umanitarie degli ultimi anni, con oltre 24 milioni di persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria. Tra queste, più della metà sono bambini. 10 milioni gli sfollati interni. Più di 2 milioni le persone che hanno cercato salvezza nei Paesi vicini.

Dall’inizio della guerra, nell’aprile 2023, i combattimenti hanno avuto un impatto catastrofico, con ospedali attaccati, mercati bombardati e case rase al suolo, riferiscono dall’organizzazione internazionale. Le stime delle persone ferite o uccise dall’inizio del conflitto variano, ma solo nell’ospedale Nao di Omdurman, nello Stato di Khartoum, supportato da Msf, sono state curate 6.776 persone vittime di violenze tra agosto 2023 e aprile 2024, con una media di 26 persone al giorno. I team di Msf, che lavorano in otto diversi Stati del Sudan, hanno curato migliaia di pazienti con ferite causate dal conflitto in tutto il Paese, la maggior parte dovute a esplosioni, colpi di arma da fuoco e accoltellamenti.

Arrivano soprattutto dal Darfur le testimonianze di violenze sessuali e di genere. Un’indagine condotta da Msf su 135 donne sopravvissute a violenza sessuale, assistite tra luglio e dicembre 2023 nei campi profughi in Ciad al confine con il Sudan, ha rilevato che il 90% di loro ha subito abusi da parte di una persona armata, il 50% ha subito abusi nelle proprie case e il 40% è stata violentata da più aggressori. Dati coerenti con le testimonianze riportate dalle persone sopravvissute che sono ancora in Sudan, che dimostrano come la violenza sessuale continui a essere perpetrata contro le donne nelle loro case e durante la fuga dagli scontri. «Un segno distintivo di questo conflitto», rilevano da Medici senza frontiere. Riportate nel rapporto anche le testimonianze che descrivono episodi di violenza etnica contro la popolazione del Darfur. In particolare, le persone hanno raccontano che a Nyala, in Darfur meridionale, nell’estate del 2023 le Rsf e le milizie alleate hanno saccheggiato casa per casa, ucciso e picchiato le persone, prendendo di mira i Masalit e altre persone di etnia non araba.

Anche gli ospedali, in oltre un anno di guerra, sono stati regolarmente saccheggiati e attaccati. A giugno l’Oms ha affermato che nelle aree difficili da raggiungere solo il 20-30% delle strutture sanitarie del Paese è funzionante, ma anche in questo caso a livelli minimi. Le équipe di Msf hanno documentato almeno 60 episodi di violenza e attacchi contro il proprio personale, beni e infrastrutture. Tra questi, l’ospedale Al Nao di Omdurman, supportato da Msf, bombardato in tre diverse occasioni, e l’ospedale pediatrico Baker Nahar di El Fasher, costretto a chiudere dopo che un’esplosione causata da un attacco aereo ha fatto crollare il tetto della terapia intensiva, uccidendo due bambini.

Nelle parole di Vickie Hawkins, direttrice generale di Msf, «la violenza delle parti in conflitto è aggravata da ulteriori ostacoli: se l’assistenza umanitaria viene bloccata quando le persone ne hanno più bisogno, in Sudan un semplice timbro o una firma possono diventare mortali quanto i proiettili e le bombe». Di qui la richiesta «a tutte le parti in conflitto» di «facilitare l’aumento degli aiuti umanitari e, soprattutto, di fermare questa insensata guerra contro le persone cessando immediatamente gli attacchi contro la popolazione, le infrastrutture civili e le zone residenziali».

23 luglio 2024