Mattarella: Vittorio Bachelet, «uomo del dialogo»

Il presidente della Repubblica alla cerimonia di intitolazione del palazzo sede del Consiglio superiore della magistratura al vicepresidente ucciso dalle Br nel 1980. Il Csm, «chiamato a contribuire ad assicurare massima credibilità alla magistratura»

«Testimone autentico dei valori della nostra Costituzione». Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato così ieri, 16 aprile Vittorio Bachelet, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura – oltre che politico, docente universitario e presidente dell’Azione cattolica italiana – ucciso dalle Brigate rosse nel 1980, in un’agguato alla Sapienza. L’occasione: la cerimonia di intitolazione del Palazzo sede del Consiglio superiore della magistratura alla sua memoria. «Si adoperava costantemente per la ricerca di prospettive condivise anche in considerazione delle fratture ideologiche che attraversavano il nostro Paese – ha evidenziato il capo dello Stato -. Essere “uomo del dialogo” è stata, sin dall’inizio, la caratteristica della sua attività politica e sociale».

A riprova, Mattarella ha citato l’impegno giovanile di Bachelet. «Già nel 1946, a vent’anni, da studente, dirigente della Fuci, ricercava sempre il confronto dialettico con le altre componenti universitarie – ha affermato – in vista della ricostruzione dell’Italia democratica. Il dialogo – ha continuato – è stato sempre un tratto distintivo del suo impegno nella società profuso lungo l’intero arco della sua vita, nelle organizzazioni cattoliche, nell’insegnamento nelle aule dell’università, nel Consiglio superiore della magistratura, in ogni altra attività pubblica. Il dialogo rappresentava per lui, più che un metodo, l’essenza della democrazia». Tutto questo in un momento in cui «la ricerca del confronto non era strada agevole e, talvolta, da taluno neppure apprezzata, in una stagione tra le più tormentate e conflittuali della storia repubblicana, dove non soltanto le parole e le ideologie si facevano più aspre, ma la violenza delle armi pretendeva di farsi strumento di lotta politica, elevando gruppi criminali a soggetto politico».

Il presidente ha parlato di «anni drammatici», nei quali Bachelet «esprimeva la convinzione che il rafforzamento delle istituzioni democratiche si realizzasse non attraverso lo scontro, ma con scelte, per quanto possibile condivise, di piena e coerente attuazione dei principi della nostra Costituzione». E ha ricordato la sera prima del suo assassinio, quando, «accompagnando a casa l’amico Achille Ardigò, aveva con lui discusso della minaccia terroristica, giungendo alla conclusione, condivisa, che il terrorismo andasse combattuto senza rinunciare ai principi della legalità democratica, nel rispetto delle regole costituzionali, senza ricorrere all’arbitrio, in quanto la Repubblica dispone delle risorse capaci di far prevalere i valori della Costituzione anche nei momenti più critici».

Il vicepresidente del Csm, insomma, «era convinto che la coerenza dei comportamenti fosse un efficace strumento di comunicazione e, in tempi di disorientamento, valesse più di una lezione dalla cattedra. È stata questa esemplare coerenza a segnarne l’impegno, sempre di grande valore, in ogni ambito», sono ancora le parole del capo dello Stato. Agli occhi dei suoi assassini, «rappresentava le istituzioni che contrastavano con determinazione la violenza terroristica utilizzando soltanto gli strumenti costituzionali e, insieme, esprimeva un profondo senso della comunità e della coesione sociale. Questi due elementi – la Costituzione e il senso di comunità per la coesione sociale – hanno sempre sconfitto i tentativi di lacerazione della società e di disarticolazione delle sue istituzioni».

Ancora, il presidente della Repubblica ha sottolineato che «Bachelet non ha mai ostentato la sua fede, anche se ben nota a tutti, ma l’ha tradotta in un’autentica, laica, testimonianza umana e istituzionale in ogni ruolo in cui è stato chiamato a svolgere funzioni pubbliche di alta responsabilità. I valori della collaborazione e della lealtà istituzionale – ha ricordato – erano evidenti nel suo stile di ascolto e nella sua visione autenticamente aperta al confronto, al punto di vista altrui». Anche alla vicepresidenza del Csm, «nella sua azione era guidato dalla convinzione che, nonostante tutte le difficoltà, fosse possibile ricomporre le divisioni, mettendo da parte gli interessi particolari e recuperando così il senso più alto della politica al servizio delle istituzioni».

Sulla scorta dei valori da lui incarnati, il Csm «è chiamato all’impegno di contribuire ad assicurare la massima credibilità alla magistratura, con decisioni sempre assunte con senso delle istituzioni – è il monito di Mattarella -. I nostri concittadini chiedono una giustizia trasparente ed efficiente». Al Csm, ha ricordato, «la Costituzione affida il compito di dare concretezza all’indipendenza della giurisdizione, come valore irrinunciabile della nostra democrazia. Proprio per questo, il ruolo che si assume quali componenti di questo Consiglio rappresenta una funzione di garanzia e, in ogni momento, di grande responsabilità per l’equilibrio fra i poteri costituzionali».

A distinguere i componenti del Csm, nell’analisi di Mattarella, è solo «la loro “provenienza”. Hanno le medesime responsabilità nella gestione della complessa attività consiliare e sono chiamati a svolgere il loro mandato senza doversi preoccupare di ricercare consenso per sé o per altri soggetti. Laici e togati interpretano, con doverosa piena indipendenza da ogni vincolo, un ruolo fondamentale nel funzionamento del nostro sistema, sempre seguendo, quindi, il dettato costituzionale». In questa prospettiva, ha concluso il presidente, «sorregge il riferimento alla forza d’animo e al coraggio che contraddistinsero l’azione di Vittorio Bachelet, al fine di superare divisioni e contrapposizioni pregiudiziali, facendo prevalere sempre la ricerca dell’interesse generale».

17 aprile 2024