Myanmar: «I militari dicono “pace” ma aumentano brutalità e violenza»
L’Agenzia Fides: oltre 100 i giovani uccisi dall’esercito dall’inizio della protesta. Fonti locali confidano il timore di una crescita dei morti. Diserzioni nella polizia
Riferisce quanto riportato da fonti locali – anonime per motivi di sicurezza -, l’Agenzia Fides, aggiornando sulla situazione in Myanmar. «I militari vogliono far vedere al popolo e a tutto il mondo che fanno la pace e che intendono rilanciare il dialogo con i gruppi etnici. Per questo hanno rimosso l’etichetta di “gruppo terroristico” all’Arakan Army. Tuttavia la violenza e la brutalità dei militari va facendosi sempre più dura – scrivono -. A Yangon solo ieri abbiamo contato 35 morti. Oggi sono già 12, secondo le notizie che gli attivisti si scambiano anche sui social media», riferisce la fonte. Le manifestazioni intanto, aggiunge, «continuano in molte città, e dai report raccolti sul terreno, i giovani uccisi dai militari, a partire dall’inizio della protesta, sono oltre 100, mentre l’esercito continua a lanciare raid notturni arrestando gente pacifica».
Ieri, 11 marzo, la conferenza stampa della giunta militare al potere, che ha annunciato che non accetterà alcuna mediazione dall’esterno del Paese, e che non intende avviare alcun negoziato. «Ci aspettiamo più e più morti – prosegue la fonte di Fides -. La nostra speranza ora è solo il movimento di disobbedienza civile e di resistenza non violenta. La forza dei militari è tanta ed è basata sulle armi, ma vi è altrettanta forza ideale e morale nella gente in piazza. I giovani non intendono desistere e abbandonare i loro sogni». Ancora, riferisce che dopo la recente ondata repressiva, con l’ordine di «fare fuoco sulla folla inerme», oltre 100 agenti di polizia hanno disertato e si sono uniti al Movimento di disobbedienza civile (Cdm).
Solo il giorno prima, il 10 marzo, il Consiglio di amministrazione statale – l’organo di governo dei militari – ha annunciato di aver rimosso il gruppo etnico armato “Arakan Army” (AA) dall’elenco di gruppi terroristici. Il gruppo, che operava nello stato Rakhine, nell’ovest del Paese, dove è presente anche la minoranza musulmana Royingya, ha tenuto due round di colloqui con i militari dalla fine di novembre, decidendo di fermare i combattimenti, dopo due anni di scontri intensi con l’esercito, tra il novembre 2018 e il novembre 2020, costati centinaia di vittime civili e oltre 200mila sfollati. Di qui la scelta dei militari.
12 marzo 2021