Siria, si riunisce il Consiglio di sicurezza Onu
Al centro dell’attenzione il fallimento del cessate il fuoco e della tregua umanitaria in Siria, nella Ghouta orientale. Unicef: «A Duma situazione terribile». Il parroco di Aleppo: «Situazione sempre più grave»
Su richiesta urgente di Francia e Gran Bretagna, si riunisce oggi, 7 marzo, alle 16 italiane, a New York il Consiglio di sicurezza dell’Onu, per discutere il fallimento del cessate il fuoco e della tregue umanitaria in Siria, nella Ghouta orientale. Nel rapporto della Commissione dell’Onu sui crimini di guerra in Siria, l’accusa sia alla coalizione a guida americana sia a quella russo-siriana di essersi resi «responsabili dell’uccisione di decine di civili in Siria» negli ultimi mesi. Inoltre, il regime di Damasco è accusato di aver «usato almeno tre volte gas tossici in attacchi nel Ghouta orientale».
Intanto Unicef, Onu e Mezzaluna rossa siriana hanno fornito assistenza umanitaria – cibo, kit sanitari e nutrizionali – a 27.500 persone, tra cui molti bambini e famiglie, di Duma, nella Ghouta orientale, nell’ambito di una missione giunta ieri, 6 marzo, non completata a causa delle condizioni di forte insicurezza. Il convoglio, composto da 46 camion, comprendeva cinque camion Unicef con aiuti sanitari e nutrizionali. All’operazione hanno partecipato anche operatori dell’Unicef. «Alcuni articoli – si legge in una nota – sono stati rimossi dai camion dalle autorità siriane; questi includevano alcuni kit medici, in particolare kit chirurgici e di ostetricia e, per la prima volta, quelli utilizzati per il trattamento delle malattie diarroiche». L’ultimo convoglio di aiuti era giunto a Duma il 15 novembre scorso. Quello di ieri è stato il primo a entrata nella Ghouta orientale dopo l’adozione della risoluzione Onu 2401, per il cessate il fuoco nell’area.
Gli operatori che sono riusciti a entrare a Duma, riferisce Christophe Boulierac, portavoce Unicef Ginevra, hanno segnalato «una situazione terribile, in cui la paura e la rabbia della popolazione locale era palpabile». In particolare, «le famiglie vivono per lo più nel sottosuolo da quattro settimane, con alcuni seminterrati che ora ospitano quasi 200 persone, hanno scarso accesso all’acqua pulita e utilizzano servizi igienici di fortuna», in una situazione igienica complessivamente «molto difficile». Significative difficoltà vengono segnalate anche nell’accesso al cibo. Secondo Boulierac, «la violenza in altre zone della Siria ha continuato a colpire anche i bambini, in particolare ad Idlib, Afrin, Deir-ez-Zor, Damasco e in parti di Aleppo. I primi due mesi del 2018 – prosegue – sono stati particolarmente sanguinosi per i bambini in Siria: l’Unicef ha ricevuto segnalazioni che oltre mille ne sono stati uccisi o gravemente feriti nei primi due mesi dell’anno. In Siria ci sono 5,3 milioni di bambini bisognosi di assistenza, di cui quasi 2 milioni vivono in aree assediate e difficili da raggiungere, senza diritti fondamentali e assistenza».
Da Aleppo parla anche padre Ibrahim Alsabagh, il parroco della parrocchia latina di San Francesco. «Non è un segreto per nessuno che la situazione si stia aggravando sempre più e ogni giorno sentiamo il rumore delle armi e delle dichiarazioni in favore della guerra e della morte piuttosto che in favore della pace e della vita», dichiara in un video messaggio diffuso dalla Custodia di Terra Santa in cui il religioso lamenta bombardamenti sui civili nella parte ovest della città, con numerosi morti e feriti che vanno ad aggiungersi a quelli provocati nell’ultimo mese dalla guerra civile. «Non abbiamo raggiunto la pace nemmeno ad Aleppo – le parole del francescano che, nonostante tutto celebra in parrocchia varie Messe per i bambini in favore della pace -. Continuiamo a pregare. Non è finita la nostra storia in tutta la Siria».
Intanto si moltiplicano le iniziative di preghiera. A Gerusalemme cattolici e persone di altre religioni si sono ritrovate domenica 4 marzo nella cappella dell’Istituto ecumenico Tantur a pregare per la pace sotto la guida di padre Émile della Comunità Taizé. «A volte le persone credono che il silenzio appartenga ai monasteri, ai monaci, ma le persone di Dio dovrebbero essere capaci di scoprire il silenzio, la preghiera meditata, ed è per questo che offriamo questo tipo di preghiera e lo condividiamo con le persone che vengono a Taize», ha affermato padre Émile. «Penso che spendiamo così tanto tempo a pregare da soli, separatamente, e non abbiamo abbastanza opportunità per pregare insieme – la testimonianza di Marcie Lenk, dello Shalom Hartman Institute -. E ne abbiamo bisogno: abbiamo bisogno di ascoltarci pregare, abbiamo bisogno di sederci accanto a qualcuno. Io ho bisogno delle altre persone».
7 marzo 2018