Terra Santa: ripartono i pellegrinaggi ma i numeri sono bassi
Ancora in sofferenza le migliaia di famiglie che vivevano dell’industria del turismo religioso. Il dossier pubblicato sul sito del Patriarcato latino di Gerusalemme
Avviata dal 19 settembre in Israele una timida riapertura ai viaggiatori provenienti dall’estero ma non basta a portare fuori dal tunnel le migliaia di famiglie di Terra Santa che prima della pandemia vivevano dell’industria del turismo religioso. Restano bassi infatti i numeri degli arrivi, anche per le pesanti condizioni imposte ai pellegrini, nonostante le campagne vaccinali. Penalizzati in particolare quanti offrono i loro servizi nei territori palestinesi. Se ne parla in un dossier curato da Florence Budry, online sul sito del Patriarcato latino di Gerusalemme e riportato dall’Agenzia Fides, che descrive in maniera dettagliata i tanti condizionamenti che non lasciano presagire alcun imminente, massiccio ritorno di pellegrini. A cominciare dall’andamento a singhiozzo delle misure prese dalle autorità israeliane in tema di riapertura al turismo.
È del maggio scorso – dopo la fulminea campagna di vaccinazioni – la riapertura di Israele a pellegrini e turisti provenienti dall’estero. 2mila i turisti registrati nei tre mesi successivi, a fronte dei milioni che visitavano la Terra Santa prima della pandemia. A fine agosto la diffusione della variante Delta e la nuova sospensione della autorizzazioni, con la conseguente paralisi dei pellegrinaggi e di ogni attività economica connessa. Dal 19 settembre quindi l’autorizzazione esclusiva ai gruppi – dalle 5 alle 30 persone – che prendono parte a viaggi organizzati da agenzie locali di viaggi autorizzate dal governo. Esclusi i tour operator con sede nei Territori Palestinesi, tra cui Betlemme. Gli aspiranti turisti e pellegrini, oltre a mostrare gli attestati di vaccinazione ricevuta e a dichiarare la disponibilità a sottoporsi a numerosi test rapidi, devono anche possedere un’assicurazione sanitaria valida in Israele e nei Territori Palestinesi per l’intera durata del soggiorno che copra anche patologie legate al Covid-19.
Riguardo all’accesso ai Luoghi Santi di Gerusalemme, informa ancora Fides, continuano polemiche e forti critiche alla sentenza con cui all’inizio di ottobre un tribunale israeliano ha nuovamente riconosciuto agli ebrei la facoltà di pregare “in silenzio” nei cortili della moschea di Al-Aqsa. Il pronunciamento ha provocato l’immediata obiezione del Consiglio per le dotazioni islamiche di Gerusalemme. Anche lo Sheikh Omar Al-Kiswani, direttore della moschea di al Aqsa, ha messo in guardia contro l’innesco di una «guerra religiosa» a causa di «preghiere provocatorie» e del tentativo di «imporre una nuova realtà nella moschea di Al-Aqsa». Il movimento islamista Hamas, che controlla la Striscia di Gaza, ha descritto la decisione come un «attacco alla religione e alla santità» della Città Santa. Anche al Azhar, il massimo centro teologico dell’islam sunnita, ha definito la sentenza della corte israeliana come «una chiara provocazione per i musulmani di tutto il mondo». Sostegno ai musulmani anche dai patriarchi e dai capi delle Chiese di Terra Santa che, in una dichiarazione diffusa lunedì 11 ottobre, hanno affermato che la sentenza della corte israeliana «pregiudica il diritto esclusivo dei musulmani al loro Santo Santuario. Le Chiese di Gerusalemme – si legge nel testo – sono al fianco dei loro fratelli e sorelle musulmani, davanti a questa ingiustizia abbattutasi su di loro».
14 ottobre 2021