Assoluzione Asia Bibi, Paul Bhatti: «Grande messaggio per il mondo»

Il fratello di Shahbaz Bhatti, il politico pakistano cristiano ucciso nel 2011 per aver preso le difese di Asia Bibi e lottato contro la legge sulla blasfemia: «Ammirazione per il coraggio dei giudici. Ora speriamo in una visita del Papa»

«Potrebbe essere liberata nelle prossime ore ma bisogna vedere in che modalità, sicuramente portandola in un luogo sicuro insieme alla famiglia». Parla della sentenza di assoluzione per Asia Bibi, arrivata dopo oltre 8 anni di carcere in attesa di una sentenza capitale per blasfemia per fortuna annullata dalla Corte suprema del Pakistan, Paul Bhatti. Parla della sua vicenda e della rilevanza mondiale che ha avuto, ma anche delle proteste degli estremisti, «anche violente», già iniziate in Pakistan. Violenze come quelle costate la vita a Shahbaz Bhatti, l’esponente politico cristiano fratello di Paul, ucciso nel 2011 per aver preso le difese di Asia Bibi e lottato contro la legge sulla blasfemia che in Pakistan condanna al carcere, prevedendo anche la pena di morte, chiunque offenda il Profeta Maometto.

«Ho detto alla Nunziatura che siamo disponibili ad accogliere lei e la sua famiglia, in Canada, in Italia o Inghilterra – precisa Bhatti in una lunga intervista concessa all’Agenzia Sir – ma non sono stato incaricato direttamente di seguirli perché ci hanno detto che si potrebbero creare grossi problemi, a causa del legame con mio fratello. Sembra siano più propensi ad andare in un Paese anglofono per far in modo che i bambini accedano più facilmente alle scuole». Quindi ricorda quando, anni fa, riuscirono a liberare una bambina disabile accusata di blasfemia: «Fuori dalla prigione si erano immediatamente radunate 10mila persone. All’epoca chiesi un elicottero, fu portata a Islamabad e trasferita in casa mia e poi in un luogo sicuro con varie difficoltà, quindi in Canada, dove ora vive serenamente con la famiglia». Al momento non ci sono stime sicure ma si parla di circa 500 persone in carcere in tutto il Paese a causa della legge sulla blasfemia. 

Il timore delle comunità cristiane pakistane, già dalle prime ore dall’assoluzione di Asia, è quello di eventuali ritorsioni. «Mia moglie è in Pakistan e questa mattina stava andando nel collegio universitario dove insegna – riferisce ancora Bhatti -: ha dovuto percorrere a piedi un tratto di strada perché c’erano già state delle violenze». Ora comunque prevalgono «speranza e soddisfazione», insieme alla «stima e all’ammirazione per il coraggio dei giudici», di cui il medico e fratello di Shahbaz si fa portavoce. Riguardo alla prima reazione di Asia Bibi appena saputo dell’assoluzione, «qualcuno mi ha riferito che avrebbe detto “Grazie Gesù” ma non essendo testimone in prima persona è difficile sapere se questa frase sia vera o no».

Bhatti riferisce di aver appreso la notizia dell’assoluzione dalle forze dell’ordine pakistane, con le quali ha parlato un mese fa in merito ad una possibile visita di Papa Francesco in Pakistan. «Sarebbero molto contenti di riceverlo ma io dissi che il Pakistan deve dimostrare di voler sostenere la libertà e che un gesto importante sarebbe stato la liberazione di Asia Bibi», rivela, annunciando che incontrerà il Papa il 30 novembre prossimo in udienza. «Gli rinnoverò la proposta di visitare il Pakistan – afferma ancora al Sir -. La sua presenza potrebbe essere un messaggio molto bello e importante per il Pakistan e per il mondo. Potrebbe contribuire a smorzare l’estremismo e l’odio. Un periodo buono potrebbe essere la primavera prossima ma bisognerà vedere se e come il governo si muoverà».

Bhatti parla, ancora, dell’estremismo che colpisce il Pakistan, che «non è solo colpa della legge ma di una ideologia di morte che dovrebbe essere eliminata. Ci sono scuole dove i bambini subiscono il lavaggio del cervello. Dobbiamo bloccare questi curriculum scolastici che instillano l’odio già nei bambini – afferma -. Perché se cambiamo la legge e poi la società rimane tale e quale non si risolve il problema». Al momento l’abrogazione della legge è probabilmente prematura. «Però la decisione di liberare Asia Bibi è un fatto importante, darà un grande messaggio al mondo», sottolinea. E riferito al sacrificio del fratello Shaabaz aggiunge: «Purtroppo per lottare contro le ingiustizie a volte bisogna rischiare, avere coraggio e alzare la voce. Stare in silenzio vuol dire accettare le ingiustizie».

2 novembre 2018