“aTuttocuore”: Baglioni live al Foro Italico

L’artista, 50 anni di carriera, presenta la serie di maxi eventi che parte da Roma con 6 date, il 21 settembre. Oltre 3 ore di spettacolo, tra musica, cinema, teatro e architettura

 «Faticoso ma divertente»: così Claudio Baglioni definisce il suo spettacolo che porta in scena al Foro Italico, a cui abbiamo assistito in anteprima durante una prova generale a inviti. Anzi, più che una “prova generale”, una “prova di resistenza” in cui Baglioni, 72 anni ben portati – anche dalle sue corde vocali -, canta, balla, suona e si cambia le giacche  – le sue «maschere», come le definisce lui – per tre ore e dieci filate. «Una volta si diceva “musica di evasione” – racconta durante la conferenza stampa, quando ormai è quasi l’una di notte e lui è ancora in vena di battute e riflessioni -, che non vuol dire non pensare, ma far pensare che ci sono anche cose positive a questo mondo». Con lui, di sicuro.

In “aTUTTOCUORE”, titolo di questa nuova “rock opera show”, che scorre per circa quaranta canzoni, di cui cinque da “In questa storia che è la mia”, l’ultimo album di inediti del 2020 e le altre dallo storico repertorio, indietro fino agli anni Settanta (“Con tutto l’amore che posso”, “Questo piccolo grande amore”, “Portaportese” “Quanto ti voglio”, solo per citare alcuni titoli), è impossibile non lasciarsi travolgere dalle emozioni positive. Diverse generazioni sono cresciute ascoltando le sue canzoni che ora vengono riproposte in chiave rock, un genere “antico”, lo definisce lo stesso Baglioni, ma ancora in voga.

Lo spettacolo, con la direzione artistica e regia teatrale di Giuliano Peparini, che porta sul palco in 3D, a organico completo, oltre 100 persone, fonde musica, cinema, teatro e architettura, e andrà in scena per sei date al Foro Italico, dal 21 al 30 settembre, per proseguire poi con tre appuntamenti all’Arena di Verona e altri tre al Velodromo Paolo Borsellino di Palermo. «Volevamo ritrovare quella dimensione giusta affinché non sia una cosa da vedere solo sugli schermi. Quando si ha un uditorio di 30/40/50mila persone è proprio un fatto fisico, molti stanno a 50/70 metri e finiscono con il guardare lo schermo, non c’è più l’azione teatrale, quella vera. Qui c’è veramente tanto sudore, tanto sangue che ribolle. Anche noi abbiamo dei led, ma cerchiamo di farli vivere. Possiamo dire la verità: il desiderio di tornare a spazi più grandi c’è, vedremo», annuncia Baglioni, che da una parte, da buon visionario, pensa agli stadi, ma dall’altra resta “Cucaio”, il modo in cui il piccolo Claudio pronunciava il proprio nome da bambino, intimista e ispirato.

Di questo spettacolo colpisce il suo volersi mettere in gioco. Sarebbero più che sufficienti le sue canzoni da sole, il suo repertorio di brani che più che hit sono pezzi storici della musica italiana che si intrecciano con le nostre storie personali. Basterebbe lui, voce e chitarra, senza fronzoli, senza luci, senza ballerini, senza costumi (oltre 500 quelli usati). Invece ci regala tutto questo e tutto sé stesso, sorprendendo ancora per la sua proverbiale estensione vocale (l’urlo finale su “Noi no”, la ventiduesima canzone in scaletta, o l’acuto finale di “Sabato pomeriggio”, la trentunesima, o ancora il finale altissimo di “Avrai” dopo la pausa della strofa: «Una radio per sentire che la guerra è finita»). E poi balla, da solo o insieme ai ballerini, imbraccia spesso la chitarra e si siede al piano per “Questo piccolo grande amore”, che spiazza tutti per il pathos, tanto che ci invita a cantare per ridestarci. Lui vuole ancora divertirsi e stupire e ci riesce bene. Lo ha sempre fatto, la dimensione live è nelle sue vene oltre che – letteralmente – nelle sue corde (non si può dire di tutti gli artisti).

In  50 anni di carriera, è impossibile trovare due suoi album o due concerti simili e negli ultimi anni ha sempre fatto le cose in grande: nel 2018 il tour “Al centro” di 60 date nelle grandi arene indoor con lo spazio scenico centrale; nel 2021 l’opera-concerto “In questa storia che è la mia”, registrata – durante il lockdown – al Teatro dell’Opera di Roma; lo scorso anno “Dodici Note – Tutti su!” con 12 repliche, alle Terme di Caracalla e poi repliche al Teatro Greco di Siracusa e all’Arena di Verona. “aTUTTOCUORE” chiude questa serie, e apre a nuove prospettive.

Claudio l’inarrestabile, che vanta anche numerosi primati: è stato il primo a inaugurare la stagione dei grandi raduni pop-rock (1982:“Alé-oó”); il primo a suonare da solo tutti gli strumenti e tutte le parti, da one man band (1986: “Assolo”); il primo a posizionare il palco al centro della scena (1991: “Oltre una bellissima notte”); il primo a eliminare completamente il palco dallo spazio d’esibizione (1996: “Tour Rosso”); il primo in tour con la propria band a bordo di un camion (1996: “Tour Elettrico”) e potremmo continuare ancora, solleticando la memoria dei suoi numerosi e multigenerazionali fans.

In tutto questo luccichio, c’è spazio anche per un tema di grande attualità, che da sempre gli sta a cuore: i migranti di Lampedusa. Ideatore di “O’ Scià”, festival di musica leggera svoltosi sull’isola siciliana dal 2003 al 2012, oggi dice: «Non possiamo cambiare la geografia. Con il senno di poi, dico che se ci avessimo messo le mani e i pensieri 25-30 anni fa, non saremmo arrivati a questo punto. Ora è difficile per tutti, bisogna solo attrezzarsi per una soluzione, senza che questi argomenti diventino ancora una volta materia per scopi elettorali, altrimenti non se ne viene fuori. Questa è una questione che tocca tutti. Le persone si muovono, evidentemente il sistema generale crea ingiustizie e scompensi, ma tutti abbiamo diritto e cerchiamo una situazione migliore per la nostra vita».

19 settembre 2023