Casa Filia Sion: un “pezzo” di Roma nel cuore di Gerusalemme

La struttura – finanziata coi fondi dell’8xmille – gestita da don Morlacchi, fidei donum in Terra Santa dal 2018, per accogliere piccoli gruppi di pellegrini dalla Capitale

Si chiama “Casa Filia Sion” ed è posizionata nei luoghi nevralgici della Passione di Cristo. È un appartamento delle suore Francescane Missionarie di Maria che la diocesi di Roma ha affittato a Gerusalemme per accogliere sacerdoti, seminaristi e laici della Capitale. L’immobile è ideale per ospitare piccoli gruppi di pellegrini che vogliono trascorrere qualche giorno in Terra Santa in un clima familiare. Cinque stanze, otto posti letto, una piccola cappella, una cucina per preparare e consumare insieme i pasti. Gestito da don Filippo Morlacchi, sacerdote romano fidei donum in Terra Santa dal 20 settembre 2018, l’appartamento si trova a pochi metri dalla Porta di Damasco, una delle principali porte della città vecchia di Gerusalemme. «È una zona chiave, perché si trova nella parte araba della Città Santa, ma al confine con quella ebraica – spiega don Morlacchi -. È dunque una zona di “incontri e scontri”, dal punto di vista socio-religioso. Inoltre, è collocata in maniera strategica rispetto ai principali luoghi santi. Il Santo Sepolcro è a soli nove minuti di cammino, il Getsemani e il Cenacolo, che si trovano in posizioni piuttosto distanti tra loro, si raggiungono in circa venti minuti. Il santuario della Flagellazione, da dove ha inizio la Via Crucis, è a dieci minuti da casa». La collocazione della struttura la pone quale scelta perfetta per chi ha a disposizione pochi giorni e vuole sfruttarli al meglio. L’obiettivo è accogliere «piccoli gruppi di amici che vengono a Gerusalemme per sentirsi a casa», aggiunge don Filippo.

La gestione dell’appartamento è possibile grazie al finanziamento dell’8xmille, pari a 30mila euro annui, che consente di coprire solo le spese di affitto, pari a 2.500 dollari mensili. «Senza questo finanziamento, il progetto non potrebbe proseguire» evidenzia Morlacchi. Anche perché agli ospiti non è richiesta una quota fissa per l’alloggio, come accade nelle «normali guesthouses», rimarca il sacerdote, il cui desiderio è quello di offrire ai pellegrini l’occasione per fare esperienza di condivisione e anche per comprendere cosa significhi vivere a Gerusalemme, ad esempio acquistando prodotti tipici. «Israele – dice – è una nazione forte, con un’economia in rapido sviluppo, e il costo della vita è decisamente più alto che in Italia, benché molti pensino il contrario. Perciò spesso accompagno le persone a fare la spesa al mercato: in breve tempo si rendono conto di quanto sia dispendioso vivere qui. E alla fine quasi tutti lasciano un’offerta, che non basta assolutamente a coprire i costi dell’affitto ma consente di pagare le utenze e di acquistare il necessario per la gestione ordinaria della casa».

Nei mesi scorsi “Casa Filia Sion” ha ospitato alcuni seminaristi del Pontificio Seminario Romano Maggiore, offrendo loro «una permanenza molto proficua». A giugno si sono recati in Terra Santa cinque studenti del quarto anno, che hanno trascorso a Gerusalemme tre settimane. «L’itinerario formativo prevede infatti che essi possano trascorrere un periodo di tempo piuttosto prolungato a Gerusalemme, prima di vivere l’esperienza del “mese ignaziano” di esercizi spirituali». Avere l’opportunità di visitare e pregare nei luoghi in cui Gesù ha vissuto la sua Passione consente anche di meditare meglio i passi evangelici che raccontano gli ultimi giorni di vita terrena di Cristo. Nella prima settimana di luglio, invece, tutti i seminaristi romani sono stati pellegrini in Terra Santa accompagnati dal cardinale vicario Angelo De Donatis, dal rettore Gabriele Faraghini e da altri sacerdoti formatori. «Ovviamente non tutti hanno potuto alloggiare nella Casa – spiega don Morlacchi – ma io ho avuto modo di accompagnarli per tutto l’itinerario, al termine del quale quattro di loro, che lo scorso anno non avevano potuto effettuare il previsto soggiorno a Gerusalemme a causa del Covid, si sono trattenuti nella Casa qualche giorno in più».

Durante i due anni di pandemia la casa è stata «sostanzialmente chiusa ai pellegrini ma si è aperta alle necessità locali», dice il sacerdote che per circa un anno ha ospitato un giovane italiano a Gerusalemme per lavoro e con una situazione personale «delicata». Tra i pellegrini che hanno soggiornato a Casa Filia Sion, don Filippo conserva «un ricordo intenso» di una famiglia. «Tre generazioni diverse – spiega -: tre nonni, la coppia di genitori e i loro quattro figli. Era la prima volta che mi trovavo ad accompagnare un gruppo di pellegrini così diversificato per età. Ho dovuto chiedere tre posti letto alle suore. È stata un’avventura piacevolissima e sono convinto che anche loro conserveranno a lungo il ricordo di questo soggiorno».

27 settembre 2022