Dialogo cattolici – ebrei: «Essere seminatori di speranza»
Reso noto il messaggio Cei in vista della Giornata del 17 gennaio: la prima tappa di un cammino sulla Profezia. «Ogni crisi è un’occasione da non sprecare»
«Ogni crisi è una buona occasione, un tempo favorevole da non sprecare». Di qui l’invito a «essere seminatori di speranza», specie in questo tempo fortemente segnato dalla pandemia, consapevoli che «a nulla serve l’illusione di poter riprendere in fretta le consuetudini amate, di fare in modo che tutto “sia come prima”». Sta qui il cuore del messaggio della Commissione ecumenismo e dialogo della Conferenza episcopale italiana per la 33ª Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei che si celebrerà il 17 gennaio. Il titolo: “Realizzerò la mia buona promessa” (Ger 29, 10).
Negli ultimi anni i temi al centro del dialogo sono stati dedicati alle Dieci Parole e alle Meghilloth. Quest’anno si è deciso di intraprendere, anche «alla luce della pandemia e delle sue conseguenze», un cammino sulla Profezia, partendo dalla lettura di un passo del profeta Geremia: “La lettera agli esiliati”. La Commissione Cei spiega come il tempo dell’esilio sia particolarmente in sintonia con «il tempo complesso che stiamo attraversando» e offre indicazioni su come vivere questa condizione. «Chi sceglie di conservare tutto e resta attaccato a un passato glorioso – si legge nel messaggio – rischia di perdere anche se stesso, mentre chi è disponibile ad abbandonare ogni falsa sicurezza riavrà i suoi giorni». Chi si trova in esilio, osservano i vescovi, ha la tentazione di «perdere ogni speranza e costruire una comunità chiusa, distaccata e ripiegata su se stessa. Nella pandemia, come credenti, abbiamo avuto le stesse tentazioni: perdere la speranza e chiuderci in comunità sempre più autoreferenziali».
Parallelamente, nel messaggio si fa riferimento anche alla «situazione di esculturazione del fenomeno religioso» dalla sfera pubblica e al rischio di «creare comunità sempre più chiuse in se stesse». Dal profeta Geremia – nel brano scelto per la Giornata di quest’anno – arriva invece l’invito a «stare positivamente dentro la realtà» e a «starci in modo generativo. Ecco la sfida per le religioni: uscire dal rischio della “depressione” e dell’autoreferenzialità difensiva per essere generative, capaci di lavorare per la costruzione della società e generare speranza». Inevitabile, da parte dei presuli, la preoccupazione per le «deprecabili manifestazioni di cancellazione della memoria e di odio contro gli ebrei». In questo senso, «la Giornata è una significativa opportunità per sottolineare il vincolo particolare che lega Chiesa e Israele». Da ultimo, un rifermento anche a tutti gli “esiliati” di oggi, che ricordano che «lo straniero è una benedizione» e che «l’ospitalità così centrale nelle tradizioni ebraica e cristiana, può essere lo “stile” con cui oggi i credenti stanno nella storia e animano la società».
2 dicembre 2021