Erdogan si conferma per il terzo mandato alla guida della Turchia

Dopo la vittoria alle parlamentari, il presidente uscente vince anche il ballottaggio delle elezioni presidenziali. Il vescovo Bizzeti: «Non lavori da solo»

Dopo aver conquistato 322 seggi su 600 alle elezioni parlamentari, Recep Tayyip Erdogan si aggiudica la vittoria anche nel ballottaggio delle presidenziali, guadagnando il 52% delle preferenze, a fronte del 48% andato al capo dell’opposizione, il laico di centro-sinistra Kamal Kilicdaroglu. Le consultazioni del 28 maggio dunque lo incoronano per la terza volta presidente, confermandolo alla guida della Turchia. «Con questa vittoria si sono aperte le porte del “secolo della Turchia”», sono le prime parole rivolte ai sostenitori a Istanbul, nel discorso in cui ha dichiarato la vittoria.

Immediate le reazioni della comunità internazionale. Messaggi di congratulazioni sono arrivati dai leader dei due Paesi in guerra nel cuore dell’Europa, il presidente russo Vladimir Putin – «La sua vittoria è una chiara prova del sostegno del popolo a una politica estera indipendente» – e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky – «Ci auguriamo di sviluppare la nostra cooperazione per la sicurezza e la stabilità dell’Europa e di rafforzare ulteriormente il nostro partenariato strategico» -, ma anche dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, dalla presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola, oltre che dal presidente francese Emmanuel Macron.

Sul fronte interno, è il vescovo Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell’Anatolia e presidente di Caritas Turchia, a formulare gli auguri al presidente riconfermato. Raggiunto dall’Agenzia Sir, commenta la sua vittoria “di misura” ma «comunque una vittoria», augurandogli di «continuare a incrementare una politica di collaborazione con tutte le forze politiche, sociali, religiose e culturali presenti nel Paese. La Turchia – afferma – è un Paese ricco di tante risorse e varietà che sono una ricchezza da valorizzare e non da penalizzare». Il presule riferisce che «molti si aspettavano da queste elezioni la fine dell’era Erdoğan e invece non è stato così. Questo, a mio parere, manifesta anche una certa inadeguatezza degli strumenti analitici sulla situazione che c’è in Turchia. Personalmente – aggiunge -, avevo largamente previsto, per vari motivi, una vittoria di Erdoğan ma si erano create una serie di attese circa una sua sconfitta che poi si sono rivelate inconsistenti».

Al Sir il presule evidenzia comunque, nella lettura dei risultati elettorali, «una scissione nella Turchia, perché se quasi la metà della popolazione ha votato contro Erdogan vuol dire che ci sono tantissime persone che non condividono questa prospettiva di governo. Anche la società internazionale è molto divisa riguardo a questa figura. Ma rimane comunque il fatto che la gente lo ha votato, che il presidente ha vinto e che per molti, anche fuori dalla Turchia, rappresenta un interlocutore importante». Impossibile dunque, per Bizzeti, «parlare di “regime”». Per quanto riguarda, infine, le relazioni con la Chiesa cattolica, «non credo che ci saranno dei cambiamenti», riconoscendo che «questo governo onestamente nei confronti della Chiesa cattolica non ha fatto una politica restrittiva. Ci sono delle questioni insolute di fondo», a cominciare dal «riconoscimento della personalità giuridica» e dalla «possibilità di costruire nuove chiese», che «vanno affrontate ma non c’è una chiusura a priori, anzi».

L’ultima considerazione del presidente di Caritas Turchia, nel colloquio con il Sir, è sulla situazione economica e sociale del popolo turco. «Certamente – spiega – il terremoto è stato una grandissima tragedia che impone interventi molto importanti, strutturali e un ripensamento dell’edilizia che è cresciuta in modo abnorme e senza regole. Bisognerà intervenire in modo che non si creino di nuovo le condizioni per una tragedia che è sempre in agguato, visto che siamo su un territorio sismico. C’è poi l’emergenza immediata delle persone che vivono ancora sotto le tende e nei container – aggiunge –  e qui è chiaro che, passate le elezioni, bisognerà affrontare le situazioni soprattutto di chi è povero e ha perso tutto. Sono situazioni gravi. Preoccupa per esempio l’arrivo del caldo e il pericolo di epidemie. È un impegno molto grosso che il governo può affrontare con l’aiuto di altre organizzazioni, tra cui Caritas», conclude.

30 maggio 2023