Gaza e Cisgiordania: appello dell’Unicef a sostegno dei bambini

Il vice direttore generale Chaiban, di ritorno da una missione: «L’entità di distruzione e sofferenza è aumentata considerevolmente». Urgenti le evacuazioni mediche

Conclusa nei giorni scorsi la missione del vice direttore generale dell’Unicef Ted Chaiban in Israele, Striscia di Gaza e Cisgiordania, dove, ha detto facendo il punto, venerdì 20 settembre, «ho avuto l’opportunità di incontrare i bambini di diverse comunità che sono stati colpiti da questa terribile guerra. Il 7 ottobre è stato un giorno orribile, e da allora ogni giorno è stato orribile anche per i bambini in questa quarta grande escalation, risultato di un conflitto irrisolto e di una storia di occupazione. All’inizio della settimana – ha continuato -, quando ho incontrato i bambini e le famiglie israeliane che hanno vissuto gli orrori del 7 ottobre, mi hanno chiesto di essere la voce di tutti i bambini e di riferire le loro sofferenze. L’Unicef collaborerà con i ministeri competenti per garantire il sostegno ai piccoli israeliani».

Riguardo alla situazione che coinvolge Libano e Israele, «so che siamo tutti preoccupati – ha osservato Chaiban -. Il Segretario generale ha esortato tutte le parti interessate a esercitare la massima moderazione per evitare qualsiasi ulteriore escalation, che sarebbe terribile in termini di conseguenze per i bambini». Quindi ha ricordato i suoi incontri con le autorità israeliane e la richiesta «aumentare l’accesso alle forniture umanitarie e commerciali, in particolare agli alimenti freschi e alle forniture nutrizionali, di proteggere i bambini, di migliorare le misure di sicurezza e le procedure operative standard per il personale umanitario e di facilitare il movimento dei bambini separati e non accompagnati».

Parallelamente, il vice direttore generale Unif ha incontrato anche l’Autorità palestinese, chiedendo di «dare priorità agli investimenti nei servizi sociali, in particolare nell’istruzione, assicurando che i bambini vadano a scuola. Rischiamo una generazione perduta – ha commentato -, poiché i bambini, non solo a Gaza ma anche in Cisgiordania, hanno perso mesi di apprendimento». E «a Gaza continuano gli attacchi devastanti contro scuole, ospedali e luoghi di sfollamento interno, con oltre 14mila bambini uccisi secondo il ministero della Sanità palestinese e con ospedali già sovraccarichi che stanno cedendo sotto la pressione».

Chaiban ha visitato personalmente l’ospedale Kamal Adwan, nel nord della Striscia di Gaza, «l’unica unità pediatrica rimasta nella zona. Ho visitato il reparto di terapia intensiva pediatrica – ha raccontato – e ho visto una piccola bambina, Sham, di pochi mesi, che era stata pesantemente colpita da schegge. Sua madre era l’unica sopravvissuta all’attacco che l’aveva colpita. È stato un ricordo impressionante delle migliaia e migliaia di bambini uccisi e feriti nella Striscia di Gaza negli ultimi 11 mesi. Ho incontrato anche Farah, di 7 mesi, che soffre di malnutrizione acuta grave e di un’infezione respiratoria, oltre a molti bambini affetti da leucemia e da altri tipi di malattie tumorali che richiedono l’evacuazione medica. Se non li evacuiamo rapidamente, non ce la faranno – il monito -. Faremo tutto il possibile, insieme ai nostri colleghi dell’Oms, per far uscire questi bambini per ricevere cure».

Inevitabile il confronto con la situazione riscontrata nella missione precedente, a gennaio. «L’entità della distruzione e della sofferenza dei bambini è aumentata considerevolmente – è il bilancio -. Il numero totale degli sfollati è passato da 1,7 a 1,9 milioni di persone. Le cosiddette zone sicure, dove le persone sono state costrette a spostarsi, hanno ricevuto a loro volta ordini di evacuazione e sono state bombardate, confermando che in realtà nessun luogo è sicuro nella Striscia di Gaza».

Tonnellate i rifiuti solidi non trattati che si sono accumulati, tra i quali i bambini scavano cercando carta o cartoni per accendere il fuoco per cucinare. «Ho visitato la scuola Geraar Al Qudua, che è stata trasformata in un rifugio – ancora il racconto di Chaiban -. Lì, al centro del cortile della scuola, la gente ha scavato una fogna a cielo aperto di fortuna per evacuare le acque reflue. Persone e bambini vivono letteralmente lì. Con le temperature attuali, questi sono ingredienti terribili per la comparsa e la diffusione di malattie». Ancora, nella zona meridionale e centrale della Striscia «ho visto cibo nei mercati, disponibile ma a prezzi esorbitanti. E nel nord della Striscia di Gaza non c’è la stessa varietà, troppa poca frutta, troppo cibo in scatola. Quando sono stato a Gaza l’ultima volta, a gennaio, c’erano 99-100 camion umanitari che entravano in media ogni giorno. Ad agosto sono entrati in media 50 camion umanitari al giorno e a settembre appena 15».

Bloccate in attesa di entrare in Cisgiordania anche molte delle forniture Unicef, «per un valore di 12 milioni di dollari». Preoccupa l’assenza di ordine pubblico e il rischio saccheggi. «Il traffico commerciale è fondamentale per il benessere dei bambini palestinesi e delle loro famiglie», ha rilevato il vice direttore generale, rimarcando l’esigenza che «il settore privato possa portare sapone, shampoo e altri articoli per l’igiene e che il traffico commerciale possa entrare anche nel nord della Striscia, dove risiedono ancora circa 400mila persone. Andare nel nord della Striscia di Gaza è stato illuminante. Non solo per vedere con i miei occhi il livello di distruzione e sofferenza, ma anche per capire come la nostra squadra deve operare quando si reca nel nord». Basti pensare, ha riferito, che, lasciata la guest house, ci sono volute 5 ore per superare il checkpoint. Tutto tempo sottratto al lavoro sul campo.

Nonostante tutto, resta la fiducia che «le cose possono essere fatte». Lo dimostra, ha sottolineato Chaiban, la recente conclusione del primo ciclo della campagna antipolio, con 560mila piccoli under 10 vaccinati. «Quando tutti si allineano è possibile portare aiuti fondamentali ai bambini di Gaza, anche a nord», ha commentato, chiedendo però «garanzie più solide che questo possa avvenire su base regolare per rispondere ai bisogni urgenti dei bambini. Il modo in cui funzionano attualmente i meccanismi di coordinamento e di prevenzione della conflittualità non consente ai nostri programmi di lavorare in modo efficiente, e devono essere rafforzati».

Presa in analisi dal vice direttore generale Unicef anche la situazione in Cisgiordania e a Gerusalemme est. «Una polveriera», che «ha raggiunto nuovi livelli di intensità». Dal 7 ottobre, ha ricordato, «166 bambini palestinesi e due bambini israeliani sono stati uccisi. I bambini hanno paura a casa e hanno paura di andare a scuola. Questa situazione è insostenibile – il monito – ed è necessario che ci sia una de-escalation e una moderazione». Di qui, la richiesta di «un cessate il fuoco, come abbiamo sempre indicato, per porre fine all’uccisione e alla mutilazione dei bambini e per consentire l’invio urgente di aiuti salvavita disperatamente necessari e il rilascio incondizionato degli ostaggi, in particolare dei due bambini Bibas. In assenza di un cessate il fuoco – ha proseguito -, abbiamo bisogno del tipo di pause che hanno permesso il successo della campagna antipolio, ma abbiamo bisogno di un cessate il fuoco». Ancora, «abbiamo bisogno di maggiore sicurezza per il nostro personale e per le nostre operazioni. Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo bisogno di un contatto più diretto con il Comando meridionale, di procedure operative standard concordate ai check point e di poter portare a Gaza un maggior numero di apparecchiature di telecomunicazione, compresa la portata di internet».

Resta preoccupante il fenomeno della malnutrizione. «La Striscia era sull’orlo della carestia non molto tempo fa e la situazione potrebbe essere ribaltata molto rapidamente. Abbiamo bisogno di più punti di ingresso all’interno di Gaza, e dovrebbero essere prese tutte le misure per ristabilire l’ordine pubblico e migliorare la sicurezza di tutti, per permetterci di distribuire forniture salvavita ai bambini che ne hanno bisogno», le richiesta di Chaiban. In più, «considerando la terribile situazione igienico-sanitaria, dobbiamo essere in grado di portare sapone e shampoo su larga scala, soprattutto con i camion commerciali. E per concludere, abbiamo bisogno di più evacuazioni mediche per i bambini – e chi se ne prende cura – la cui vita può essere salvata solo con un trattamento medico all’estero. E abbiamo bisogno di più forniture mediche e medicinali di consumo. La continua distruzione di Gaza e l’escalation di violenza in Cisgiordania non porteranno pace o sicurezza nella regione. Questa può essere raggiunta solo con una soluzione politica negoziata, che dia priorità ai diritti e al benessere di questa e delle future generazioni di bambini israeliani e palestinesi».

23 settembre 2024