Gaza: senza carburante, ospedali a rischio

L’allarme lanciato da ActionAid: minacciata anche la vita delle donne incinte. Le testimonianze dall’ospedale di Al-Awda: «Manca cibo fresco da più di 2 mesi»

Nella Striscia di Gaza ormai a secco di carburante, è a serio rischio la funzionalità degli ospedali. E le conseguenze sono «particolarmente preoccupanti» per le donne incinte che necessitano di cure mediche urgenti.  A suonare il campanello d’allarme è ActionAid, partner di Al-Awda, che gestisce l’ospedale nel nord della Striscia, dove i servizi sono stati ripresi di recente, nonostante i gravi danni causati dall’assedio dell’esercito israeliano.

Proprio da qui arriva la testimonianza di Nuha, la cui nuora ha partorito di recente nell’ospedale. «Non c’era un’ambulanza disponibile per trasportarla a causa della mancanza di carburante. – racconta ad ActionAid -. Abbiamo dovuto accompagnarla a piedi fino all’ospedale. Chiediamo al mondo di fornire carburante agli ospedali. Gli ospedali sono essenziali per la gente, per ricevere cure e per le donne incinte per seguire la loro gravidanza».

Da oltre 50 giorni, conferma Mohammad Salha, direttore ad interim dell’ospedale di Al-Awda, «siamo senza carburante e forniture mediche. Il carburante che abbiamo è sufficiente solo per due settimane. Di conseguenza, stiamo riducendo i nostri interventi e non possiamo far funzionare i grandi generatori. Molti servizi, inclusi quelli di maternità e ginecologia, ne risentono gravemente. Anche la nostra sala operatoria, che non funziona a pieno regime.  Anche il nostro laboratorio. Non possiamo fare molte analisi, come quelle ortopediche, e abbiamo a che fare con molti pazienti. Il 70% delle persone colpite dall’aggressione israeliana ha bisogno di interventi ortopedici».

Con la chiusura del valico di Rafah – principale punto di ingresso del carburante a Gaza – dal 7 maggio, la quantità di aiuti, compreso il carburante, è drasticamente diminuita, peggiorando la già disastrosa situazione umanitaria. Anche infrastrutture chiave come gli impianti di desalinizzazione dell’acqua e le strutture fognarie faticano a operare senza sufficiente carburante, limitando la produzione di acqua potabile e aumentando il rischio di tracimazione delle acque reflue.

Non solo. Oltre al carburante, sono urgentemente necessarie maggiori forniture di cibo, acqua e medicinali per evitare malnutrizione, disidratazione e malattie. «Siamo senza verdura, frutta e cibo fresco da più di due mesi – racconta ancora il direttore di Al-Awda -. Ora abbiamo solo farina e scatolette, il che si ripercuote sulla nutrizione dei bambini e delle donne. Non c’è latte per molti bambini e forniamo solo una lattina di latte per ogni neonato. Durante l’assedio, l’esercito israeliano ha preso di mira il quinto piano di Al-Awda, distruggendo i serbatoi d’acqua e lasciandoci senza acqua sana e filtrata, il che danneggia sia il personale che i pazienti».

Riham Jafari, coordinatrice per l’Advocacy e la Ccomunicazione di ActionAid Palestina, ribadisce che «gli aiuti che entrano attualmente a Gaza non sono sufficienti a soddisfare l’enorme e crescente bisogno umanitario. Chiediamo che il valico di Rafah venga riaperto immediatamente, che sia consentito l’ingresso senza ostacoli di ulteriori aiuti e carburante a Gaza e che sia garantita la sicurezza degli operatori umanitari. Continuiamo a sollecitare tutte le parti ad accettare subito un cessate il fuoco permanente», conclude.

14 giugno 2024