Il pellegrinaggio dei gitani, una «festa»
Gian Carlo Perego, direttore Fondazione Migrantes: «Commozione all’udienza con il Papa». Sant’Egidio: «È il momento di scrivere una nuova storia»
Il direttore della Fondazione Migrantes Gian Carlo Perego: «Commozione e lacrime nell’udienza con il Papa». Sant’Egidio: «È il momento di scrivere una nuova storia»
La Via Crucis al Colosseo e il ricordo delle discriminazioni subite dai rom; la celebrazione al santuario mariano del Divino Amore; l’udienza di Papa Francesco. Sono le tappe intorno alel quali si è articolato il pellegrinaggio del popolo dei Caminanti: rom e sinti arrivati nella Capitale da diversi angoli del mondo. «Una festa», la definisce il direttore della Fondazione Migrantes Gian Carlo Perego, che ha visto quasi 700 persone affollare ieri, lunedì 26 ottobre, l’aula Paolo VI per partecipare all’udienza con il Papa. Tra «commozione, lacrime e gioia».
Il Papa, evidenzia monsignor Perego, «ha lanciato un forte appello alla responsabilità». Parole rivolte alla comunità dei rom, «perché non diano motivo con i loro gesti di aumentare la discriminazione nei loro confronti»; alle istituzioni, «perché non lascino ai margini delle città le persone e le famiglie rom, soprattutto i piccoli»; e alla Chiesa, «perché senta una preferenza particolare per le persone rom». In particolare per la Chiesa italiana, alla vigilia del Convegno ecclesiale di Firenze, «le parole del Papa – osserva ancora il direttore di Migrantes – sono un invito a camminare con la gente, a “uscire”, a incontrare le persone e le famiglie, senza escludere nessuno, considerando con una particolare predilezione i ragazzi e i giovani rom, quasi la metà dei 180mila rom che vivono in Italia, e che costituiscono, come ha ricordato il Papa, il presente e il futuro di questo popolo».
Sulla stessa linea il commento espresso dai responsabili della Comunità di Sant’Egidio, tra gli organizzatori del pellegrinaggio. «È davvero giunto, come si augura Francesco, il momento di scrivere una nuova storia del popolo gitano, che dopo aver sofferto durante la seconda guerra mondiale la persecuzione nei campi di sterminio, è ancora oggi oggetto di razzismo e xenofobia – si legge in una nota diffusa al termine dell’udienza -. Come è accaduto per l’antisemitismo occorre bandire dalle nostre società l’antigitanismo, radicato in troppi ambienti, anche nel cuore dell’Europa».
La scolarizzazione dei minori e la sensibilizzazione delle famiglie. Il lavoro di rete con le istituzioni. L’inserimento nel mondo del lavoro e, più in generale, l’integrazione di rom, sinti e degli altri gruppi “gitani”. Queste le urgenze evidenziate dalla Comunità trasteverina, sulla base di un’esperienza ormai trentennale nella promozione umana di questo popolo, in Italia e non solo. «In questo impegno – spiegano -, se la scuola è in primo piano, occorre al tempo stesso lavorare per migliorare le condizioni di vita delle famiglie, a partire dagli alloggi, che con la loro precarietà mettono ogni giorno a rischio la sopravvivenza e la salute di chi vi abita, proprio a partire dai minori». Quindi l’auspicio: «Non ci sia più, nell’inverno ormai alle porte, un bambino che debba morire per il freddo o per l’incendio dell’abitazione in cui vive».
27 ottobre 2015