Il Pnrr a Roma, volano per superare le disuguaglianze
L’urgenza di recuperare un rapporto di fiducia reciproca tra pubblico e privato, tra cittadini ed istituzioni. Responsabilizzando tutti i cittadini, anche quanti hanno vissuto ai margini della società
I tanti fondi e i molti progetti che in una sorta di epifania chiamata Pnrr verranno attuati nei prossimi cinque anni saranno in grado di integrare le tante anime di Roma? Sapranno tener conto di volti, voci, storie di persone troppo spesso invisibili e inascoltate che tuttavia devono avere pari dignità nella costruzione di politiche pubbliche che inevitabilmente impattano anche sul loro vivere e abitare il territorio cittadino? Quante persone che abitano Roma vivono una “vita piena”? Piena non solo in senso economico e materiale ma anche e soprattutto piena di relazioni umane, di affetti, di pari dignità e accesso ai diritti, ai servizi e alla cultura. Chi vive in condizioni di povertà estrema subisce molte privazioni collegate tra loro che si rafforzano e si alimentano reciprocamente: condizioni di lavoro pericolose, insalubrità dell’alloggio, mancanza di alimenti nutritivi, disuguaglianza nell’accesso alla giustizia, mancanza di potere politico e accessibilità limitata all’assistenza sanitaria, che impediscono loro di concretizzare i propri diritti.
Siamo abituati ad approcciarci ai poveri, ai senza fissa dimora, a chi vive ai margini della nostra società a causa della condizione di disagio sociale, lavorativo e abitativo in cui versa come persone permeate da un’accezione per sottrazione: sono persone “senza” dimora, lavoro, relazioni sociali, assistenza sanitaria, etc. Per quanto questa condizione di privazione sia reale, se vogliamo restituire davvero pari dignità e valore al vivere la città di queste persone è necessario tornare a considerare la persona nella sua integralità, nella sua libertà e nel suo diritto a realizzare un’esistenza appagante e gratificante. Ogni riflessione sull’utilizzo del patrimonio pubblico per finalità sociali dovrebbe avere come prima finalità le esigenze dei più fragili – i senza dimora, coloro che vivono in abitazioni precarie – e dovrebbe partire dalla creazione di quelle condizioni di diritto e di fatto che promuovano la possibilità di vivere lo spazio sociale nel modo più inclusivo possibile. Luoghi che siano belli, decorosi, attrattivi e che evitino la “segregazione spaziale”.
È però necessario fare molta attenzione al modo con il quale si intende procedere, avendo cura di coinvolgere attivamente coloro che dovrebbero essere i destinatari ultimi degli spazi sociali, spazi che occorre far percepire come beni comuni, da conservare, da manutenere, da curare da parte di tutti, per evitare che divengano, come spesso accade, degli ulteriori luoghi di degrado e di insicurezza. È necessario da un lato evitare progetti calati dall’alto e dall’altro responsabilizzare tutti. Ciò potrebbe offrire la grande opportunità di avviare con le comunità locali percorsi di educazione rivolti a tutti e non solo ai giovani, ma pure agli adulti e agli anziani, per diventare migliori cittadini, proprio perché cittadini attivi e responsabili della tutela dei beni comuni di Roma. Per far sì che le sfide e le opportunità che ci si pongono davanti – grazie soprattutto ai finanziamenti del Pnrr e delle altre risorse alle quali fa riferimento il programma che il sindaco presentò lo scorso 21 febbraio al Parco della Musica – vengano vinte e colte a favore di tutti e siano un volano reale per superare le disuguaglianze esistenti, è necessario recuperare un rapporto di fiducia reciproca tra pubblico e privato, tra cittadini ed istituzioni.
È giunto il tempo di osare, per ripensare una relazione costruttiva tra soggetti del terzo settore, comunità religiose, associazioni del volontariato di ogni estrazione e realtà del privato sociale ed enti pubblici nella gestione sociale del patrimonio pubblico; mettersi al servizio di una città realmente multietnica e veramente inclusiva; responsabilizzare tutti i cittadini, anche quelli che finora hanno vissuto ai margini della nostra società, a dare il proprio contributo. (*direttore Caritas diocesana Roma)
13 giugno 2022