A quasi quattro anni dall’inizio della guerra in Yemen, l’aumento dei prezzi dei beni alimentari, unito alla mancanza di fonti di reddito, sta costringendo la popolazione a misure disperate per poter sopravvivere. La denuncia arriva da Oxfam, in occasione della Conferenza dei Paesi donatori sulla crisi, in programma oggi, 26 febbraio, a Ginevra. Nel Governatorato di Amran nel nord del Paese, informano dall’associazione, tante famiglie stremate, rimaste senza cibo e senza una casa, arrivano al punto di dare in matrimonio figlie anche piccolissime, in un caso anche di tre anni, per poter comprare cibo e salvare il resto della famiglia. La pratica dei matrimoni precoci, seppur abituale in Yemen, sta raggiungendo «proporzioni e modalità scioccanti».

Oxfam riporta la testimonianza di Hanan, 9 anni: da quando è sposata ha dovuto smettere di andare a scuola. «Mia suocera continua a picchiarmi e, quando scappo via per tornare a casa dai miei genitori, mio padre mi picchia perché sono scappata – racconta la piccola -. Non voglio essere sposata, vorrei solo tornare a scuola». I genitori di Hanan hanno dato in sposa anche sua sorella di tre anni e hanno raccontato agli operatori di Oxfam di essere consapevoli di come tutto questo sia profondamente sbagliato ma che non hanno altra scelta, perché la dote ricevuta in cambio delle loro figlie è l’unico modo per mantenere in vita il resto della famiglia. «Per poter sopravvivere sono costretti a prendere decisioni che distruggeranno per sempre la vita dei figli», ha detto Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia . Il conflitto ha costretto molte famiglie a fuggire in aree isolate e prive di reti idriche o fognarie, senza scuole e presidi sanitari. Qui si vive in piccole tende o in case fatte di fango, senza reddito né mezzi per procurarsi cibo a sufficienza. In un sondaggio dell’anno scorso tra gli abitanti di Taiz, nel sud dello Yemen, il 99% degli adulti ha detto di essersi privato di cibo per darlo ai figli e il 98% di aver ridotto il numero dei pasti quotidiani.  Per Pezzati, «l’incontro dei donatori a Ginevra è fondamentale per assicurare al popolo dello Yemen cibo, acqua e medicine. Tutte le parti in conflitto e i loro sostenitori devono impegnarsi ad un cessate il fuoco in tutto il Paese, compiere passi concreti verso una pace duratura».

Anche da Medici senza frontiere – che in Yemen ha il suo più importante intervento in una zona di conflitto, con più di 2.200 gli operatori umanitari che lavorano in 12 ospedali e centri sanitari e forniscono supporto in altri 20 – si torna a parlare di crisi in Yemen. Con una denuncia ben precisa nei confronti dei governi che si incontrano a Ginevra per discutere di fondi da impegnare per affrontare la situazione. «Molti di questi governi, tra cui quello italiano, sono tra i principali esportatori di armamenti verso l’Arabia Saudita e gli altri Paesi coinvolti nel conflitto, che sta causando enormi bisogni umanitari e ostacolando la fornitura di aiuti», affermano dall’organizzazione. Le parti in conflitto infatti continuano a distruggere le infrastrutture civili, compreso il sistema sanitario, mentre i loro sostenitori internazionali «chiudono un occhio». Da Msf riportano anche i dati: un centro per il trattamento colera di Msf ad Abs è stato colpito da un attacco aereo della coalizione guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati (Selc) nel giugno 2018, il quinto contro una struttura di Msf nel Paese da marzo 2015. Un successivo rapporto della squadra incaricata dalla coalizione di investigare sull’incidente ha indicato Msf come responsabile, invece che vittima, del bombardamento.

«Le parti in conflitto – asseriscono – hanno creato ostacoli, tra cui restrizioni alle importazioni, ai visti e ai permessi di movimento, che impediscono l’equa distribuzione di assistenza umanitaria secondo i bisogni della popolazione. Nel frattempo, combattimenti e posti di blocco continuano a frammentare il Paese, limitando la fornitura di aiuti per molte delle comunità che ne hanno più bisogno». Anche il fallimento nella protezione dei civili e nell’assistenza ai feriti di guerra secondo Msf «è allarmante: aree residenziali e urbane trasformate in campi di battaglia, dove proiettili vaganti, schegge da esplosioni, bombardamenti aerei e mine colpiscono un numero sproporzionato di bambini, donne e persone anziane». La crisi umanitaria in Yemen, asseriscono, «potrà essere risolta solo quando i governi donatori metteranno fine al loro coinvolgimento nel conflitto» e «porranno le parti in guerra di fronte alle loro responsabilità per la loro atroce condotta». Sotto i riflettori dell’organizzazione anche l’Italia, «che ha consentito l’invio di munizioni e sistemi militari verso la coalizione a guida saudita nonostante diverse risoluzioni del Parlamento europeo abbiano ribadito la necessità di un embargo sulla vendita di armi all’Arabia Saudita».

Intanto la Commissione europea ha annunciato oggi che devolverà altri 161,5 milioni di euro in aiuti umanitari per lo Yemen. È stato il commissario Christos Stylianides a renderlo noto alla Conferenza internazionale in corso a Ginevra. «Lo Yemen – ha detto – sta affrontando la peggiore crisi umanitaria del mondo». Poiché sono «milioni le persone minacciate dalla carestia» e gli aiuti di emergenza vanno forniti in loco, «le organizzazioni umanitarie hanno bisogno di accesso completo», ha sollecitato il commissario. I finanziamenti consentiranno ai partner di fornire più aiuti, ma «la soluzione politica rimane l’unica via da seguire»: gli aiuti «non sono la risposta». Dal commissario, ancora, parole di «pieno sostegno» agli sforzi dell’inviato speciale Onu Martin Griffiths e di «sollecitazione a dare piena attuazione all’accordo sul porto di Hodeidah».

Il nuovo contributo porta a 710 milioni di euro il totale di aiuti elargiti dall’Ue allo Yemen dall’inizio della crisi nel 2015.

26 febbraio 2019