Internet e la sfida di educare alla complessità
Dibattito a La Civiltà Cattolica su opportunità e pericoli legati alla vita nel web. Dal “cammino” alla “navigazione”, in uno spazio tutt’altro che virtuale
Dibattito a La Civiltà Cattolica su «opportunità, sfide educative e pericoli» legati alla vita nel web. Dal “cammino” alla “navigazione”, in uno spazio tutt’altro che virtuale
«Vero e proprio “universo” parallelo e talvolta anche alternativo al mondo “reale” – spiega padre Giovanni Cucci, docente di Filosofia e Psicologia alla Pontificia Università Gregoriana -, il web non è semplicemente uno strumento». Ciò significa che ad esso è necessario «avvicinarsi con un approccio che tenga conto della sua complessità, per usarne al meglio le enormi e affascinanti possibilità, senza tacerne i rischi». A dipanare la matassa delle diverse e contrapposte teorie che negli ultimi 10-15 anni i tecnoscettici e i tecnoentusiasti hanno elaborato rispetto al fenomeno internet e al significato che esso riveste da un punto di vista socio-antropologico, La Civiltà cattolica ha promosso una tavola rotonda sul tema “La vita in internet tra opportunità, sfide educative e pericoli” su cui sono stati chiamati a confrontarsi il gesuita Cucci, per l’appunto, e Piero Dominici, docente di Sociologia e Comunicazione pubblica all’Università di Perugia. A moderare il dibattito, sabato 24 ottobre nella sede della rivista, il giornalista e scrittore gesuita Francesco Occhetta. «Così come è accaduto per la tv, quando ci si è divisi tra apocalittici e integrati, per citare il famoso libro di Umberto Eco scritto nel 1964, a più di 50 anni la discussione si ripete per il web», continua Cucci.
Lontano però dall’essere «l’alba della vera democrazia», chiarisce Dominici, affinché da internet si possano cogliere buoni frutti «devono essere garantite alcune condizioni che in realtà sono preesistenti all’accesso in rete». Innanzitutto, e qui il sociologo punta il dito contro una scuola e una università di fatto impreparate a gestire il fenomeno, «è necessario che a monte ci sia una “educazione alla complessità” e una “formazione umanistica” che non deve mai essere scalzata da quella tecnica perché, al contrario di questa, aiuta a pensare criticamente» così come bisogna «sconfiggere la povertà educativa e l’analfabetismo funzionale». In altri termini, «l’errore sta nel credere che il progresso tecnologico sia garanzia di quello sociale e culturale». È chiaro che le cose non stanno esattamente così, e i danni sono sotto gli occhi di tutti. «Se la maggior parte dei problemi della vita reale – dipendenze, violenza, bullismo, solitudine, pornografia – continuano a essere presenti sul web è soprattutto perché essi sono presenti nella nostra mente», insiste Cucci. Il ruolo dei maestri va dunque più che mai riaffermato.
«Con l’avvento della rete, a livello antropologico c’è un “prima” e un “dopo” – racconta Occhetta -: prima esistevano i cammini che erano fatti e passati dagli educatori. E il cammino portava comunque a una meta. Oggi con la rete, invece, si naviga e la navigazione ha dinamiche più complesse tanto che l’educatore stesso non riesce a definire i contorni di questa dimensione e a spiegare come viverla». Ma non solo: «Anche la Chiesa è stata presa in contropiede e in questi anni ha dovuto elaborare un suo pensiero sul tema, che si basa su tre concetti-chiave, rintracciabili soprattutto nel discorso fatto da Benedetto XVI il 12 maggio 2013 in occasione della 47esima Giornata delle comunicazioni sociali». Più lungimirante di qualunque altro suo contemporaneo, il pontefice emerito osserva come l’ambiente digitale sia «uno spazio di esperienza reale», e dunque non virtuale. D’altra parte quando si trascorrono ore e ore del proprio tempo in rete, chiarisce Occhetta, non c’è nulla di virtuale: è la vita vera, nostra, che si consuma. Ed essendo parte della realtà quotidiana, «siamo chiamati a vivere bene, senza fratture o cesure, le due realtà di vita».
Nuova “agorà”, in questa piazza pubblica che è il web «competenze e conoscenze», sono le parole di Ratzinger, vanno condivise «in modo gratuito e su alleanza di fiducia». Infine, il Papa indica le potenzialità del confronto: «Dialogo e dibattito possono fiorire e crescere anche quando si conversa e si prendono sul serio coloro che hanno idee diverse dalle nostre». Per far tutto questo occorre però mettersi in discussione, confrontarsi e apprendere reciprocamente ma con i tempi necessari. «In internet – conclude Cucci – l’accumulo di informazioni è veloce quando in realtà l’apprendimento ha bisogno di lentezza, di ripetizione e di silenzio, condizioni tipiche della lettura. Il rischio è di indebolire la memoria, di illudersi di poter fare a meno del maestro e, per dirla con Platone, di essere saccenti invece che sapienti».
267 ottobre 2015