La scuola e la relazione in presenza, tra libertà e responsabilità
L’episodio di Abbiategrasso, dove un ragazzo ha accoltellato una docente, accende i riflettori su un mondo che è presidio di futuro, con urgenze che non possono essere isolate dalla società
In giornate come queste, nelle quale tutti balbettiamo per quanto accaduto nell’istituto di Abbiategrasso, dove un ragazzo di 16 anni ha accoltellato una docente, dovremmo forse considerare con più attenzione come la scuola resti uno degli ultimi luoghi dove la relazione è sistematicamente esercitata in presenza e quindi duramente messa alla prova. È sempre stato così, si dirà. No, perché non lo è più in famiglia, dove al ritiro naturale dell’adolescenza si aggiungono le nicchie profonde dell’altrove digitale nelle quali, finito il pasto, in attesa di uscire, padri, madri, figli e figlie, tendono a eclissarsi. Non lo è più nemmeno tra loro, tra pari al di fuori del contesto scolastico, perché il grosso delle relazioni e dei processi di riconoscimento reciproco si determinano nella distanza digitale, per poi culminare, spesso deflagrare, al momento della presenza. Non lo è nei luoghi terzi di aggregazione, quelli che sono del tutto spariti (piazze, muretti) o quelli sclerotizzati dall’assoluto della prestazione (gruppi sportivi, corsi, benessere individuale); forse lo è ancora e a malapena in quei luoghi organizzati e preziosi (oratori, gruppi di vario tipo) che comunque devono lottare per continuare a esistere. Non lo è più infine nemmeno per noi tutti, ché anche queste parole, le nostre accese discussioni, sono tutte inscatolate nel pc o nel telefono dal quale stiamo leggendo.
Ecco, in questo contesto in cui la riduzione della presenza è iperbolica, ciò che avviene a scuola, quelle cinque/sei lunghe ore, nove mesi all’anno, nelle quali in classi spesso pollaio si è immersi ininterrottamente nella relazione diretta, soggetti al confronto con le richieste dell’adulto e dei pari, a contatto con il peso delle responsabilità, è di fatto un qualcosa del tutto altro a quanto avviene nel resto delle vite di ognuno e di ognuna. La percezione, dunque, per chi sta all’interno della scuola, è che questo sia divenuto un luogo sul quale si siano concentrati pesi sociali e responsabilità eccessive, ma per il semplice fatto che proprio la scuola, impropriamente, è uno degli ultimi luoghi dove sistematicamente la relazione in presenza continua a esercitarsi e misurarsi tra libertà e responsabilità. Se dunque quando avvengono certi drammi l’istinto primario è quello della richiesta opportuna di strumenti immediati e di contenimento dell’emergenza acuta, sarebbe necessaria la disponibilità anche a considerare come a scuola si determinano emergenze relazionali che non possono essere isolate dalla società di cui oggi la scuola è praticamente unica verifica in presenza.
Certo è che se anche la scuola e chi la pensa curva verso le retoriche dell’efficientismo e della tecnocrazia, del culto dell’innovazione acritica e di un indefinito merito che si mangia l’esigenza primaria della costruzione e della condivisione di orizzonti di senso attraverso il dialogo reale sul terreno culturale e umano; se la parola risorsa è consacrata all’altare del mercato, del mezzo, della cosa e non delle persone e della loro centralità, le contraddizioni non possono che essere esasperate, ma proprio perché in seno al primo e più delicato presidio di futuro.
31 maggio 2023