La strage di via D’Amelio in un documentario di Tv2000
Pubblicato online il video del Tg2000 a cura di Augusto Cantelmi. Le testimonianze di chi accorse sul posto, tra cui don Ciotti e l’ex magistrato Ayala
Si intitola “Dove eravamo” il documentario del Tg2000 a cura del cronista parlamentare Augusto Cantelmi, online oggi, 19 luglio, a 29 anni dalla strage di via D’Amelio. Un racconto dedicato alle emozioni di quella domenica del 19 luglio 1992, attraverso le testimonianze di chi accorse subito nel luogo dell’attentato in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Tra le testimonianze, quelle di don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera, dell’ex magistrato Giuseppe Ayala, dei giornalisti Felice Cavallaro (Corriere della Sera), Gianni Riotta (editorialista La Repubblica e La Stampa), Francesco Bongarrà (responsabile del servizio parlamentare dell’Ansa) e del sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè all’epoca cronista del Giornale di Sicilia.
«Arrivato a via D’Amelio – ricorda Ayala nel documentario, disponibile anche sui social – sono inciampato in qualcosa e stavo cadendo. E questo qualcosa era il tronco bruciato di Paolo Borsellino che ho fatto fatica a riconoscere. Questo moncone di cadavere senza braccia e senza gambe tutto bruciato era del mio fraterno amico oltre che collega Paolo Borsellino». Cavallaro racconta di essersi trovato accanto alla macchina di Borsellino «senza sapere che fosse la sua. Lì c’era molta confusione. Un agente in borghese tirò fuori una borsa di cuoio che stava appoggiata sotto la poltrona – riferisce -. Quella borsa stava per darla a me e mi ritrovai quasi a sfiorare il manico. Di quella borsa non sapemmo più nulla». Ne parla anche Ayala: «Ricordo perfettamente di essermi ritrovato questa borsa che era sicuramente quella di Paolo Borsellino e di averla consegnata ad un ufficiale dei Carabinieri perché io non avevo nessun titolo per tenerla. Non ero infatti più sostituto procuratore della Repubblica a Palermo ma ero un deputato del Parlamento».
A ricordare il giudice ucciso dalla mafia anche don Ciotti, che lo definisce «un ottimo magistrato, un cercatore di verità e un costruttore di giustizia». Uno degli agenti della Squadra “Catturandi” di Palermo – è il racconto di Giorgio Mulè – «mi venne incontro come uno zombie, mi abbracciò e cominciò a piangere. A un certo punto ci girammo e dietro un’inferriata c’era il tronco di un uomo. Il giudice Ayala riconobbe Borsellino dai baffi. Quella scena non mi ha mai più lasciato. È un incubo ricorrente. E dopo quasi 30 anni sento ancora l’odore delle gomme che bruciano, l’odore della carne e le lacrime».
19 luglio 2021