Medioriente: esplosi i cercapersone dei militanti Hezbollah in Libano e Siria

L’attacco simultaneo nel pomeriggio del 17 settembre. Il bilancio, ancora provvisorio: circa 20 morti e quasi 4mila feriti. Il portavoce del governo libanese: l’esecutivo ritiene Israele responsabile. A Tel Aviv riunito d’emergenza il Consiglio di sicurezza

Ore 15.30, martedì 17 settembre. Dal Libano alla Siria – dove Hezbollah combatte al fianco del dittatore Bashar Assad – esplodono nello stesso istante i cercapersone di migliaia di operativi e attivisti del “Partito di Dio” libanese. Un attacco senza precedenti.  Il bilancio, ancora provvisorio, è di almeno 11 morti in Libano – tra cui 2 figli di deputati di Hezbollah – e 7 in Siria; quasi 4mila i feriti, 500 dei quali avrebbero person la vista. Secondo le ultime informazioni, rilasciate dalle autorità libanesi i ricoverati nelle strutture sanitarie del paese sarebbero oltre tremila. Tra i feriti,  anche l’ambasciatore iraniano Mojtaba Amani e diversi civili. Decine gli ospedali, a Beirut e nel reto del Paese, in crisi per l’arrivo di centinaia di persone. Numerosi gli appelli alla donazione di sangue. Oggi intanto, 18 settembre, le scuole e le università restano chiuse.

Diversi video pubblicati sui social mostrano uomini al mercato per la spesa, che all’improvviso saltano in aria ricoperti di sangue. I dispositivi – in dotazione ai miliziani sciiti filoiraniani solo da poco tempo proprio perché i cellulari non erano ritenuti impenetrabili dai servizi segreti nemici – hanno ricevuto un messaggio che sembrava provenire dalla leadership di Hezbollah e che invece ne ha fatti detonare migliaia nello stesso momento. Scartata, al momento, l’ipotesi che  le detonazioni siano state causate solo dalle batterie al litio. Secondo gli esperti, chiunque abbia pianificato e messo a punto l’attacco l’ha preparato a monte, introducendo mini cariche esplosive all’interno dei cercapersone e sviluppando al contempo la capacità di far deflagrare simultaneamente i dispositivi con un unico comando. Il portavoce del governo libanese ha affermato che l’esecutivo ritiene Israele responsabile dell’attacco coordinato e lo considera una violazione della sovranità del Paese. «Ora il nemico dovrà aspettarsi tutto dal Libano dopo i crimini che ha commesso», ha dichiarato Hossein Khalil, consigliere del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah.

Riunito d’emergenza il Consiglio di sicurezza israeliano, mentre l’ufficio del premier Benjamin Netanyahu ha immediatamente preso le distanze da un portavoce che, sui social, ha alluso alla responsabilità di Gerusalemme. I media israeliani riferiscono di colloqui «drammatici», a Tel Aviv. Sul tavolo, la risposta di Hezbollah e le possibili azioni dell’esercito israeliano per contrastarle. Anche alla luce degli attacchi in profondità delle ultime settimane. Ma già mentre l’operazione era appena stata messa a segno, l’aeronautica dello Stato ebraico lanciava raid contro strutture terroristiche nell’area di Ayita al-Sha’ab e al-Khyam, nel sud del Libano, e in profondità nel Paese, a 100 chilometri dal confine.

In una dichiarazione diffusa nella sera di ieri, 17 settembre, dall’Onu affermavano che «gli sviluppi in Libano sono estremamente preoccupanti, considerando il contesto molto instabile»,  deplorando le vittime civili. Ora l’establishment della sicurezza israeliana stima che l’escalation non sia lontana e prevede che Hezbollah si stia preparando a lanciare un’operazione militare. Intanto Hezbollah ha annunciato che il capo Hassan Nasrallah terrà un discorso domani, 19 settembre, alle 17 ora locale, quando in Italia saranno le 16, affrontando «gli ultimi sviluppi». In una nota diffusa su Telegram i responsabili del movimento hanno annunciato: «Continueremo come in tutti i giorni passati con le nostre benedette operazioni a sostegno della Striscia di Gaza. Questo percorso è in atto e separato dalla dura resa dei conti che il nemico criminale deve attendere per il suo massacro», il riferimento all’attacco di ieri.

18 settembre 2024