Monsignor Mancini: l’empatia, primo passo per l’annuncio

L’esperienza del parroco della Natività, segno dell’impegno dei sacerdoti diocesani. «Riscoprire lo stile della vicinanza». Grande attenzione ai poveri, a partire dalla mensa

Alle porte la nuova campagna della Cei per la sensibilizzazione sul sostegno ai sacerdoti diocesani: ne parleremo nei prossimi giorni con l’intervista a Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio Cei per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica. Spot tv e radio, video e articoli – protagonisti anche i periodici diocesani come Romasette.it iscritti alla Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici) – mettono in luce l’impegno dei presbiteri e le attività promosse grazie alla collaborazione con i laici. Opportunità per richiamare alla corresponsabilità economica verso l’operato dei sacerdoti diocesani e sentirsi “Uniti nel dono“. Nella campagna di sensibilizzazione si inserisce il racconto di storie dell’impegno di sacerdoti diocesani: dopo quelle dedicate a don Meloni, a don Simeone e a don Sparapani, Romasette.it propone l’esperienza di monsignor Paolo Mancini, parroco alla Natività.

Già dalle prime ore del mattino, prima di celebrare la Messa, è in ufficio per rispondere a qualsiasi richiesta. La sera, al calar del sole, si intrattiene sul sagrato «per scambiare quattro chiacchiere» con chi rincasa dopo una giornata di lavoro. Disponibile all’ascolto, monsignor Paolo Mancini ha impresso nel suo programma pastorale quattro parole: accoglienza, presenza, prossimità, empatia. Classe 1962, ordinato sacerdote il 28 aprile 1990, dal 1° settembre 2013 guida la parrocchia Natività di Nostro Signore Gesù Cristo nel quartiere Metronio e da due mesi è prefetto della XIX prefettura.

Alla terza esperienza da parroco, il suo desiderio è che «le persone siano contente di recarsi in parrocchia – spiega -. Sia che la frequentino per la Messa quotidiana, sia per quella domenicale, l’obiettivo è far trovare loro un luogo ospitale, dalle porte sempre aperte. Le attività parrocchiali sono sicuramente importanti, ma alla base di tutto ci sono le relazioni umane. La cosa più bella è vedere i bambini felici di andare al catechismo, sono loro i cristiani di domani». Un’accoglienza che passa anche dall’offrire a tutti la possibilità di partecipare alla liturgia eucaristica prevedendo quattro Messe feriali, alle 8, alle 9, alle 10 e alle 18.

Tutti i pomeriggi la parrocchia è animata da bambini e adolescenti. Oltre agli incontri del catechismo per l’iniziazione cristiana, c’è il gruppo post-cresima frequentato da oltre cinquanta ragazzi, la scuola calcio con più di cento iscritti, nata con lo scopo «di offrire uno spazio sicuro dove giocare», il gruppo scout Agesci Roma 113. Occasioni per tessere rapporti di amicizia anche con i genitori. «La religione cristiana deve essere attraente – prosegue il sacerdote -. Tutto ciò che avviene in una comunità parrocchiale, catechesi, funerali, adorazioni eucaristiche, offre l’opportunità di entrare in contatto con persone che da anni erano lontane dalla Chiesa. È per loro che il clima deve essere sempre familiare e cordiale. Bisogna riscoprire lo stile della vicinanza e della prossimità».

Uno stile che in molti casi ha portato colui che è stato accolto a farsi prossimo e a donare il proprio tempo in una delle molteplici attività caritatevoli. La prima tra queste è la mensa per gli indigenti inaugurata quasi quarant’anni fa da don Pietro Sigurani, morto il 4 luglio scorso: era stato parroco alla Natività dal 1975 al 2012 e qui nel 1984 aveva fatto costruire una mensa da 90 posti proprio sotto l’aula liturgica a voler evidenziare la continuità tra la mensa eucaristica e la concretezza del Vangelo. Durante la seconda guerra mondiale la grande sala che ospita la mensa divenne rifugio degli ebrei. Ancora oggi alcuni mattoni delle volte sono anneriti dal fumo delle candele. La mensa è aperta tutti i lunedì e i giovedì dalle 15.30 alle 19.

Uniti nel dono«Prima della pandemia era frequentata da 300 persone e in alcuni casi gli ospiti sono stati anche 400 – dice Mancini -. Ora sono un centinaio. Durante i mesi di restrizioni abbiamo sempre continuato a cucinare pasti caldi che distribuivamo ai poveri». Una quarantina i volontari impegnati nella mensa, suddivisi in due turni: c’è chi la mattina prepara i pasti in una cucina professionale e chi il pomeriggio serve ai tavoli e rassetta la mensa. Giovanni, dal 2014, è lo chef del gruppo. «Vengo da Grottaferrata e ogni lunedì e giovedì sono qui alle 6.40 – afferma -. Mi piace cucinare e farlo per chi ha bisogno di un pasto caldo mi fa sentire utile». Di don Paolo sottolinea la «grande disponibilità all’ascolto». Tonino, invece, è volontario in cucina da tre anni. «La mattina ho del tempo libero a disposizione – spiega -. Sono felice di impiegarlo dando una mano a chi sta attraversando un momento difficile». Accanto ad una targa posta all’esterno della struttura nel 2014, per celebrare i 30 anni della mensa, ne sarà presto aggiunta una in memoria di don Pietro.

Monsignor Mancini è «fiero» della sua comunità «sempre disponibile sia ad aiutare nel quotidiano le famiglie del quartiere che si trovano in difficoltà, sia nelle grandi emergenze. Durante la raccolta organizzata per i profughi ucraini – racconta – abbiamo dovuto pregarli di non portare più nulla, eravamo sommersi di capi di abbigliamento, viveri, generi di prima necessità». Dediti alle attività caritative anche il Gruppo di volontari di San Vincenzo e il Centro di ascolto. «Non ci limitiamo a consegnare il pacco viveri – sottolinea Mayla, responsabile del Centro -. Ascoltiamo le loro esigenze, cerchiamo di reinserire nella società le persone che si trovano in un momento particolare della loro vita anche attraverso offerte di lavoro. Offriamo aiuto per ottenere i servizi a cui hanno diritto e aiutiamo, soprattutto gli stranieri, nel disbrigo di pratiche burocratiche».

La parrocchia collabora molto anche con la Comunità di Sant’Egidio che «ha fatto una mappatura degli anziani residenti nel territorio per facilitare i contatti», aggiunge il parroco, evidenziando che anche l’ecumenismo ha un ruolo importante per la vita comunitaria. «Da 25 anni – conclude Mancini – il teatro parrocchiale è a disposizione della Chiesa ortodossa rumena. La comunità è intitolata alla Natività di Maria e quotidianamente è frequentata da molti fedeli».

28 ottobre 2022