Nella Capitale c’è un «cuore samaritano»

Assegnato al Teatro Argentina il Premio del Centro diocesano per la pastorale sanitaria. Il vescovo Leuzzi: «Vogliamo testimoniare che nessuno è solo»

Assegnato al Teatro Argentina il Premio del Centro diocesano per la pastorale sanitaria. Leuzzi: «Vogliamo testimoniare che nessuno è solo»

Si sono presi cura di minori provenienti da famiglie disagiate; hanno accolto pazienti fragili, spesso stranieri; hanno contribuito all’inserimento sociale di persone con disturbi psichici. I vincitori che sabato 29 giugno al Teatro Argentina hanno ricevuto il riconoscimento “Buon Samaritano”, promosso dal Centro diocesano per la pastorale sanitaria, e dedicato a chi opera nell’assistenza medica, hanno testimoniato che la solidarietà e l’attenzione verso chi ne ha bisogno «pulsano ancora nel cuore della città di Roma».

Antonio Maone, psichiatra del dipartimento di Salute mentale dell’Asl Roma/A insieme a Elisabetta Dragonetti, dell’associazione Solaris; Rosaria Giampaolo, primario dell’ambulatorio pediatrico dell’Ospedale Bambino Gesù; infine i coniugi Sergio Eugenio Longo e Bianca Maria Palleschi, responsabili della struttura di accoglienza “Casa del Sole”,  hanno ritirato il premio tra gli applausi di centinaia di operatori sanitari. «La nostra esperienza – ha raccontato Maone – è nata dall’incontro di realtà diverse: i servizi per l’inclusione sociale, i servizi sociali del municipio e le persone con disagio. I familiari e gli stessi utenti anziché attendere la risposta dai servizi si fanno parte attiva, scoprendo di poter mettere in campo la propria esperienza». Di qui l’idea del progetto “Solaris”, grazie al quale, ha spiegato Dragonetti, si dà «un grande supporto alle famiglie con figli con disagio grave, che spesso si isolano, quasi si vergognano. Dopo le cure, i ragazzi possono rientrare nella società pur con i loro limiti, ma sapendo di poter usufruire di un supporto e di una rete».

La storia dei premiati è fatta di solidarietà e di condivisione. «Negli anni – ha ricordato Giampaolo – sono tantissimi i legami di amicizia che si sono creati e che ancora durano, nonostante i diversi esiti delle patologie». Intrecci di sofferenza e aiuto reciproco che arricchiscono l’esistenza, come è successo ai coniugi Longo che nel 2002 hanno dato vita alla “Casa del sole”, grazie alla ristrutturazione di alcuni locali ormai in disuso del San Camillo. «Abbiamo accolto circa 1.500 persone con malattie difficili, provenienti da 34 nazioni dell’Africa e dall’Europa – hanno raccontato -. Pazienti con diversa formazione, cultura, religione, il cui comune denominatore è il dolore, che li accomuna e li rende più forti».

Sul palco per la premiazione il vescovo Lorenzo Leuzzi, delegato per l’assistenza religiosa negli ospedali di Roma, monsignor Andrea Manto, direttore del Centro diocesano per la pastorale sanitaria, e il vescovo Guerino Di Tora. «La sanità deve essere un “buon samaritano”, deve avere un cuore – ha rimarcato Manto -. Bisogna uscire dall’indifferenza, evitare di lasciare le persone sole. Il premio, quest’anno alla XVIII edizione, dimostra che nella Capitale c’è un cuore samaritano». Nelle grandi città, ha aggiunto monsignor Leuzzi, «c’è tanta angoscia ma vogliamo testimoniare che non siamo soli. Nonostante i momenti difficili c’è una comunità che vuole essere capace di condividere con i cittadini anche le difficoltà e le gioie. È per tutti un segnale di speranza e di fiducia». D’altronde, ha voluto sottolineare monsignor Guerino Di Tora, «la solidarietà è sempre stata una caratteristica dei romani. Il problema oggi è che i problemi sociali sono stati trasferiti in realtà politiche. Occorre riconoscere nell’altro una persona che vive come noi nella storia, serve empatia che ci porta a vivere il senso della prossimità».

La serata, che è stata presentata dalla giornalista Manuela Lucchini, è proseguita poi con il musical “Vorrei avere…100 braccia”, dedicato a San Camillo de Lellis, scritto e diretto dall’infermiere Lucio D’Amico, e interpretato dalla compagnia “Io ci sto!”.

22 giugno 2015