Rifugiati, allarme Save the Children per le discriminazioni verso i bambini

Il fenomeno in un sondaggio che coinvolge 18 Paesi, tra cui l’Italia. Alta la preoccupazione ma in pochi disposti ad azioni concrete

Il fenomeno in un sondaggio che coinvolge 18 Paesi, tra cui l’Italia. Alta la preoccupazione (3 intervistati su 4) ma in pochi disposti ad azioni concrete

In occasione della Giornata mondiale del rifugiato, Save the children lancia un nuovo sondaggio realizzto dal 23 marzo al 14 aprile, che analizza il fenomeno della discriminazione nei confronti dei bambini rifugiati in 18 Paesi, tra cui l’Italia, coinvolgendo 18mila persone. Un tema, quello dei rifugiati, particolarmente sentito da italiani ed europei e che, a livello globale, preoccupa tre quarti degli intervistati. La stessa percentuale, tre su quattro, si dice preoccupata per le discriminazioni di cui sono vittime i bambini rifugiati o sfollati, costretti ad abbandonare le proprie case a causa dei conflitti che colpiscono i loro Paesi.

Tra i Paesi del vecchio continente, sono Spagna e Italia quelli maggiormente colpiti da questo fneomeno, con un tasso rispettivamente dell’86% e del 78%, mentre in altri Paesi come Svezia, Regno Unito, Danimarca e Germania il livello di preoccupazione per la discriminazione dei piccoli rifugiati è al di sotto della media globale. Eppure sono in pochi tra gli intervistati quelli che sarebbero disposti a compiere azioni concrete per combattere il fenomeno: quattro su 10, a livello globale, sarebbero anche disposti ad accogliere un numero maggiore di bambini rifugiati nel proprio Paese. In Italia la percentuale degli intervistati favorevoli a questa misura si assesta al 33% (un altro terzo è neutrale), seconda solo alla Spagna tra i Paesi europei esaminati (Spagna, Italia, Germania, Regno Unito e Danimarca).

A esaminare la situazione è il direttore generale di Save the Children Italia Valerio Neri. «Da un lato – dichiara -, le aree di conflitto, i Paesi sottoposti a dittature feroci o quelli attraversati da gravi crisi e instabilità che sfociano in violenze sui civili, e, dall’altro, le emergenze climatiche destinate a moltiplicarsi stanno costringendo milioni di bambini con le loro famiglie, e a volte anche da soli, a fuggire dopo aver perso tutto, per salvarsi o cercare l’unica possibilità di futuro altrove». La comunità internazionale, prosegue, ha «il dovere di accogliere e proteggere adeguatamente i bambini profughi. Una responsabilità verso la quale, purtroppo, l’Europa per prima non ha saputo dimostrare alcuna leadership positiva». I leader dell’Unione, per Neri, «hanno pensato prima a proteggere le frontiere invece di proteggere le migliaia di bambini profughi giunti in Europa, esponendoli a rischi gravissimi per la loro salute e la loro sicurezza».

A queste sofferenze, «che si consumano in mare e poi lungo le frontiere interne in Europa e le rotte bloccate da muri e filo spinato, o nei campi di detenzione e in quelli comunque inadeguati a un’accoglienza dignitosa», si aggiunge una scarsa o del tutto assente possibilità per questi bambini e adolescenti di accedere, per periodi anche lunghi, a una qualunque forma di educazione che è fondamentale per il loro futuro. «Come Save the Children ha chiesto alla comunità internazionale al World Humanitarian Summit dello scorso maggio, e come chiederemo nuovamente a gran voce all’Assemblea generale dell’Onu del prossimo settembre, nessun bambino rifugiato o sfollato al mondo deve restare senza scuola per più di 30 giorni», rimarca ild irettore di Save the Children Italia.

Al momento, invece, sono almeno 3,5 milioni i bambini rifugiati nel mondo che non hanno accesso alla scuola, e sono per questo ancora più vulnerabili alle discriminazioni e agli abusi, allo sfruttamento da parte dei trafficanti o costretti a matrimoni precoci e lavoro minorile. Secondo il 77% degli intervistati nell’ambito del sondaggio di Save the Children, i piccoli  rifugiati e sfollati hanno diritto all’educazione come qualsiasi altro bambino, ma solo la metà di loro crede che la scuola debba essere una priorità per loro. Dal rapporto emerge inoltre una scarsa consapevolezza delle difficoltà di accesso alla scuola e all’educazione che i bambini sfollati e rifugiati si trovano ad affrontare: globalmente, solo sei intervistati su 10 sono consapevoli del fatto che i rifugiati in età da scuola secondaria hanno molte meno probabilità di frequentarla rispetto ai loro coetanei; dato che tende a scendere ulteriormente tra gli intervistati europei.

20 giugno 2016