Siria, a livelli di guardia le tensioni tra Ankara e Damasco

Truppe fedeli al regime di Assad sono entrate nell’enclave cura in territorio siriano, Afrin, per dare man forte alle unità curde assediate dai turchi. Nella Goutha strage di civili: più di 200 i morti, tra cui 57 bambini

A un mese esatto dall’inizio dell’offensiva turca su Afrin, l’enclave curda nel nord della Siria, milizie fedeli al regime di Damasco si sono avvicinate ieri, 20 febbraio, per dare man forte alle unità curde assediate dai soldati turchi, portando a livelli di guardia le tensioni tra Ankara e Damasco. L’artiglieria turca ha immediatamente risposto bombardato la strada che conduce ad Afrin, costringendo le milizie filo-Assad a ritirarsi di una decina di chilometri, secondo quanto riferisce l’agenzia turca Anadolu. La televisione siriana ha mostrato immagini dei bombardamenti, che hanno costretto anche alcuni giornalisti a fuggire per mettersi al riparo.
Obiettivo delle forze fedeli al governo, secondo quanto reso noto da un comunicato ufficiale, è quello di schierarsi lungo il confine con la Turchia a difesa delle popolazioni civili.

Proprio i civili però sono quelli che continuano a pagare il prezzo più alto del conflitto, che da quando è venuta meno l’esigenza di fronteggiare l’Isis ha visto riesplodere i contrasti tra tutte le altre parti rimaste in campo. Alle porte di Damasco si sta consumando una delle peggiori tragedie dei sette anni di conflitto civile: quasi 250 civili, di cui 57 bambini o adolescenti, sono stati uccisi, a partire da domenica, dai bombardamenti governativi con artiglieria, aerei ed elicotteri che hanno martellato la regione della Ghouta orientale, controllata da una congerie di gruppi ribelli e fondamentalisti. L’Onu avverte che la situazione è fuori controllo. L’Unicef ha diffuso un comunicato in bianco, a indicare che non ci sono parole davanti a tanto orrore. «Nessuna parola renderà giustizia ai bambini uccisi, alle loro madri, ai padri e ai loro cari», le parole di Geert Cappelaere, direttore dell’agenzia Onu per l’area mediorientale. Quindi, la pagine in bianco e, a seguire, un’aggiunta: «Non abbiamo più parole per descrivere la sofferenza dei bambini e la nostra indignazione. Coloro che stanno infliggendo queste sofferenze hanno ancora parole per giustificare i loro atti barbarici?».

21 febbraio 2018