Suor Nabila ad Acs: «Abbiamo solo Dio»
La religiosa del Santo Rosario, nella parrocchia latina di Gaza con circa 700 cristiani, racconta questi 18 giorni di guerra. La preoccupazione per i circa 100 bambini
«Vogliamo solo pace. Abbiamo avuto sei guerre a Gaza. I bambini conoscono solo la guerra». Parla da Gaza, suor Nabila: dalla parrocchia latina della Sacra Famiglia, dove vive questi giorni di guerra insieme a circa 700 cristiani. Raggiunta al telefono dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre, racconta anzitutto la preoccupazione per i circa 100 bambini ospitati nel complesso parrocchiale. «Vogliamo solo pace – afferma -. Abbiamo avuto sei guerre a Gaza. I bambini conoscono solo la guerra».
Per affrontare la devastazione, «restare occupati e aiutare gli altri», afferma, è la “strategia” migliore. E insieme ad altre 6 religiose e al parroco, padre Gabriel Romanelli, ha lavorato e lavora per sostenere la comunità, nonostante una situazione umanitaria divenuta drammatica. La parrocchia della Sacra Famiglia infatti fornisce rifugio ai cristiani feriti e sfollati, la maggior parte die quali ha perso la casa, ma attualmente non dispone di elettricità né di acqua corrente. Hanno fatto ricorso all’acqua del pozzo per bere, anche se temono che possa seccarsi da un momento all’altro, e l’acqua minerale che acquistano costa tre volte il prezzo ordinario. Un barlume di speranza è arrivato, nello scorso fine settimana, dall’apertura del valico di Rafah, al confine con l’Egitto, per consentire l’ingresso degli aiuti, ma suor Nabila e la comunità cristiana sono incerte circa la possibilità che gli aiuti raggiungano la regione settentrionale. E quelli che sono arrivati sono una goccia nel mare: 20 camion al giorno, a fronte dei 500 che, secondo il ministero della sanità di Gaza, sarebbero necessari per far fronte all’esaurimento delle forniture essenziali. A cominciare da quelle mediche.
«Le suore e il resto del personale stanno facendo tutto ciò che è in loro potere per garantire che ogni individuo riceva ciò di cui ha urgentemente bisogno, ma le risorse sono limitate e la situazione sta peggiorando di giorno in giorno, soprattutto dopo che altri rifugiati si sono trasferiti nella parrocchia a seguito dell’attacco subito dal complesso greco-ortodosso, colpito da un’esplosione che ha ucciso 18 persone», rimarcano da Acs. Attualmente i fedeli accolti nella parrocchia latina sono quasi 700, tra cui 100 bambini, 50 persone con disabilità e alcuni feriti. Tra le vittime del bombardamento del complesso greco-ortodosso figurano un’insegnante della scuola di suor Nabila, tutta la sua famiglia e altri bambini che stavano frequentando la catechesi parrocchiale. Due volte al giorno si celebra la Messa e la gente prega costantemente il Rosario.
In una dichiarazione congiunta, i patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme hanno sottolineato l’impegno costante delle Chiese «nell’adempiere al nostro dovere sacro e morale di offrire assistenza, sostegno e rifugio a quei civili che vengono da noi in un bisogno così disperato». Nonostante le richieste da parte militare di evacuare le istituzioni caritative e i luoghi di culto, le Chiese hanno rifiutato: «Non abbandoneremo questa missione cristiana, perché non c’è letteralmente alcun altro posto sicuro in cui questi innocenti possano rifugiarsi». Invitano pertanto la comunità internazionale a «garantire protezioni a Gaza per i luoghi di rifugio, come ospedali, scuole e luoghi di culto», e sollecitano un «cessate il fuoco umanitario immediato» per assicurare la consegna sicura di forniture essenziali ai civili sfollati.
Le parole di suor Nabila fanno eco ai sentimenti della comunità locale, che auspica la fine delle violenze e sofferenze dopo quasi due settimane di prigionia nel complesso parrocchiale. «Pace, pace, vogliamo solo la pace. C’è così tanto male, così tanta sofferenza. È terribile. In questo momento abbiamo solo Dio», sono le sue parole.
25 ottobre 2023