Un medico di pronto soccorso da Gaza: «Mai assistito a una ferocia come questa»
ActionAid rilancia la testimonianza ricevuta: «Punizione collettiva nei confronti di migliaia di donne, uomini e bambini che cercano disperatamente di vivere in pace»
Mentre si rinnovano, da parte della comunità internazionale – Nazioni Unite in testa – gli appelli a una de-escalation del conflitto il Medio Oriente, l’esercito israeliano ha annunciato l’intenzione di intensificare gli attacchi su Gaza. ActionAid, da molti anni impegnati nei Territori palestinesi occupati a sostegno della popolazione, che «vive senza accesso ai servizi di base e ai più fondamentali diritti umani e libertà», esprime la sua preoccupazione «per la vita di migliaia di persone, tra cui gli operatori umanitari, i volontari e le organizzazioni partner della Striscia», con le quali continua a fornire servizi vitali, affermano dall’organizzazione.
Per fare un quadro della situazione, riportano la testimonianza ricevuta da un medico chirurgo che lavora nel pronto soccorso di un ospedale di Gaza, attraverso una nota vocale. «Parlo come testimone dal pronto soccorso dopo 16 giorni di disastro – sono le parole del testimone, di cui non vengono dati ulteriori dettagli, per ragioni di sicurezza -. Ho partecipato come medico volontario a tutte le guerre su Gaza. Ma non ho mai assistito alla ferocia di questo attacco. Le uniche persone prese di mira sono civili innocenti e disarmati, la maggior parte donne e bambini. I corpi – riferisce – sono allineati fuori dall’ospedale e vengono messi nel furgone dei gelati finché non si trova lo spazio per seppellirli».
Quando, nel fine settimana, i primi aiuti sono arrivati a Gaza «abbiamo sentito un barlume di speranza – dichiara Riham Jafari coordinatrice advocacy e comunicazione ActionAid Palestina -. Oggi siamo di nuovo nella disperazione. Questa è una punizione collettiva nei confronti di migliaia di donne, uomini e bambini che cercano disperatamente di vivere la loro vita in pace. A cosa servono – domanda – 20 camion di forniture umanitarie se gli attacchi vengono intensificati contemporaneamente? Questi camion hanno rappresentato un momento di tregua per il popolo palestinese. I camion non sono stati sequestrati, eppure ora continuano le minacce di intensificare gli attacchi su Gaza che metteranno sempre più sotto pressione il sud del territorio». Di qui l’esortazione a Israele «a rinunciare a questa escalation e a mettere l’umanità al primo posto. Un orrore non può giustificarne un altro – afferma Riham Jafari – e continuiamo a chiedere un cessate il fuoco immediato e la fine della violenza in continua escalation».
Un’escalation della quale ActionAid fornisce anche alcuni parametri. Basti pensare che dal 7 ottobre, giorno dell’attacco lanciato da Hamas verso Israele, 1.688 bambini sono stati uccisi dai bombardamenti su Gaza. «Ciò significa che in media 120 bambini muoiono ogni giorno mentre il mondo guarda. Se i bombardamenti su Gaza si intensificheranno, non solo moriranno altri bambini, ma i medici non saranno in grado di proteggere nemmeno i neonati nelle incubatrici», sottolineano. Proprio oggi infatti, 23 ottobre, l’Unicef ha lanciato l’allarme per la vita di almeno 120 neonati nelle incubatrici degli ospedali di Gaza, messa in pericolo dall’esaurimento del carburante nell’enclave assediata.
I dati del ministero della Sanità del territorio palestinese parlano di oltre 1.750 minori uccisi negli attacchi israeliani lanciati contro la Striscia di Gaza in rappresaglia ai raid di Hamas del 7 ottobre. E gli ospedali si trovano ad affrontare una terribile mancanza di medicine, carburante e acqua non solo per le migliaia di feriti in più di due settimane di guerra tra militanti di Gaza e Israele, ma anche per i pazienti di routine. L’Oms, riferiscono ancora da ActionAid, ha documentato 111 attacchi all’assistenza sanitaria nei territori palestinesi occupati dal 7 ottobre. Tra questi, 48 attacchi a Gaza, dove tre ospedali hanno subito danni così gravi da non poter più funzionare, e 63 attacchi all’assistenza sanitaria in Cisgiordania, che hanno colpito 58 ambulanze, tra cui 40 attacchi che hanno ostacolato la fornitura di assistenza sanitaria; 31 hanno comportato violenza fisica nei confronti delle équipe sanitarie.
«La protezione dei civili e il rispetto dei diritti umani sono fondamentali», rimarcano dall’organizzazione, ricordando a tutte le parti gli obblighi derivanti dal diritto internazionale. Anzitutto, «i civili non devono essere presi di mira e si deve fare il possibile per ridurre al minimo i morti e i feriti accidentali». Ancora, «ospedali, scuole, luoghi di culto, infrastrutture pubbliche, strutture umanitarie e rifugi devono essere protetti dai combattimenti e non devono essere occupati dai combattenti o presi deliberatamente di mira». Da ultimo, «il rapimento di civili è vietato dal diritto internazionale e tutti i civili tenuti in ostaggio devono essere rilasciati immediatamente».
23 ottobre 2023