Abolizione reddito di cittadinanza, Acli: «Grave errore»
L’associazione commenta la manovra economica approvata dal Consiglio dei ministri. «Ci aspettavamo scelte più coraggiose, soprattutto per i giovani»
«Un grave errore». Le Acli definiscono così la scelta di abolire il reddito di cittadinanza contenuta nella manovra economica presentata ieri, 22 novembre, dalla premier Giorgia Meloni, dopo l’approvazione del Consiglio dei ministri. «Siamo consapevoli che la prima legge di bilancio di un governo formatosi appena un mese fa non avrebbe certo potuto rivoluzionare il Paese ma ci aspettavamo scelte più coraggiose – si legge nel comunicato stampa -, soprattutto a beneficio dei giovani, i veri assenti in questa manovra finanziaria che, se da un lato cerca di porre rimedio alla crescita dell’inflazione e all’aumento dei prezzi, dall’altro si occupa, e male, di introdurre misure che non aiutano le categorie sociali più svantaggiate».
Nello specifico del reddito di cittadinanza, dalle Acli riconoscono che si tratta di una misura che «sicuramente ha bisogno di correzioni ma che aiuta e ha aiutato, in un momento complicato, milioni di cittadini. Non possiamo dimenticare – aggiungono – che in Italia i poveri assoluti si trovano anche all’interno di famiglie con un una persona occupata e che tanti lavoratori percepiscono uno stipendio così basso che non è sufficiente a garantire una vita dignitosa a loro e al nucleo familiare a loro carico». Di qui la domanda: «Siamo sicuri che il problema sia solo quello dell’occupabilità? Tanti percettori del reddito di cittadinanza sono over 50, difficilmente reinseribili in un circuito di formazione e poi di ricerca lavoro, perché la povertà non è quasi mai solo di natura economica». Proprio per questo, «non bastano le misure monetarie, e noi lo abbiamo capito fin da subito, quando dal reddito di inclusione si passò al reddito di cittadinanza, perché la presa in carico delle persone in difficoltà risponde a un bisogno immediato a cui però poi bisogna dare un seguito, creando infrastrutture di welfare permanenti, che si occupino di una persona a 360 gradi».
Ancora, «c’è anche in ballo la questione degli immigrati. Il reddito di cittadinanza era destinato a chi poteva dimostrare 10 anni di residenza nel nostro Paese; per noi tale soglia andava abbassata a 2 anni». Insomma, per le Acli «non si può abolire una norma a causa di chi ha infranto la legge e ha percepito il sussidio ingiustamente, perché seguendo questo principio non bisognerebbe neanche chiedere le tasse, visto che esistono da sempre coloro che le evadono».
Aspettando di «approfondire il testo e capire quale sarà poi la norma definitiva e, soprattutto, quali riflessi avrà nel tempo», le Acli assicurano di essere da subito a disposizione «per dare il nostro contributo al Parlamento in ottica di un miglioramento del reddito di cittadinanza, ma abolire un sussidio che aiuta 3 milioni e 380mila individui – asseriscono – è ingiusto e rischioso per la tenuta sociale del Paese».
23 novembre 2022