Al Colosseo la preghiera per i cristiani perseguitati. Zuppi: perseverare

La comunità di Santa Maria in Domnica si è ritrovata ai piedi dell’Arco di Costantino con il vescovo Zuppi: «Più spazio nei cuori per i nostri fratelli sofferenti»

La comunità di Santa Maria in Domnica si è ritrovata ai piedi dell’Arco di Costantino con il vescovo Zuppi: «Più spazio nei cuori per i nostri fratelli sofferenti»

Un gesto semplice e spontaneo. La preghiera che si è svolta venerdì 8 maggio è nata dal bisogno di un piccolo gruppo di fedeli della parrocchia di Santa Maria in Domnica di ricordare i cristiani perseguitati per la loro fede. Particolarmente significativo il luogo di questa preghiera, il Colosseo: «simbolo di passione e di sofferenza per il martirio che qui secoli fa si è consumato», ha spiegato Fabrizio Fabrizi, uno degli organizzatori della serata. Di fronte all’Arco di Costantino, sulla via San Gregorio, prima che cominci il rosario, Fabrizi ha raccontato com’è nata l’iniziativa: «Eravamo un piccolo gruppo di amici, ci siamo messi a riflettere sulle vicende dei cristiani perseguitati. Sono anni che ormai arrivano queste notizie di sangue da ogni parte del mondo. Ogni volta sembra di averci fatto l’abitudine, e invece sono eventi che ci toccano nel profondo. Il gesto che ci è sembrato più efficace per unirci ai nostri fratelli perseguitati, è stato quello di riunirci in preghiera».

Monsignor Matteo Zuppi, vescovo ausiliare per il settore Centro, intervenuto in chiusura, ha sottolineato proprio l’importanza della vicinanza spirituale ai cristiani perseguitati: «Quanto fa bene pregare a noi che abbiamo troppo poco spazio nel cuore per i nostri fratelli. Qui a Roma abbiamo un dovere in più; per tanti cristiani che vivono nell’oscurità, nelle tenebre, nell’angoscia, nella minaccia, sapere che dalla città di colui che presiede nella comunione c’è un ricordo nella preghiera è fondamentale. Aiutiamo troppo poco il nostro vescovo, Papa Francesco. Facciamo troppo poco. Stasera dobbiamo diventare tutti un po’ più nuovi, dobbiamo essere perseveranti nella preghiera».

Di venerdì si recitano i misteri dolorosi. Tra i passi che ricordano la morte di Gesù sono state lette le testimonianze di chi ai giorni nostri vive la persecuzione: «Mi hanno proposto la grazia, io ho ringraziato con tutto il cuore, ma ho risposto che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musulmana. Sono stata condannata perché cristiana, credo in Dio e nel suo grande amore, se sono stata condannata a morte perché credo in Dio, sarò orgogliosa di morire per lui». Queste le parole di Asia Bibi, dal Pakistan, in carcere dal 2009 perché cristiana.

Sono state lette le testimonianze da India, Iraq, Siria. «Dove prima c’era una pacifica convivenza tra le religioni, oggi i cristiani sono uccisi e le loro case distrutte – ha detto Fabrizi -; il prossimo 23 maggio la veglia di Pentecoste sarà dedicata a loro. In unione con i vescovi e grazie alle sollecitudini di Papa Francesco, che ci sta ricordando continuamente che la Chiesa, oggi, è una Chiesa di martiri. Da qui vogliamo ripartire per essere più attenti a quello che succede nel mondo, contro un futuro oscuro», ha concluso Fabrizi.

Don Sergio Ghio, parroco di Santa Maria in Domnica, ha aggiunto: «Sono molto colpito dall’insistenza con cui il Papa parla della discriminazione sempre più cruenta di persone inermi che semplicemente per la loro appartenenza alla religione cristiana subiscono il martirio. Mi ha colpito l’espressione che ha usato di recente quando ha parlato di “un silenzio complice”. L’iniziativa di questa sera è nata per non prendere parte a questo silenzio, ma per essere edificati dalle testimonianze umili di tanti fratelli che ci dicono che Cristo è colui per il quale vale la pena vivere».
11 maggio 2015