Il Regno Unito attende per domani sera, 15 gennaio, il voto sull’accordo che Theresa May ha firmato con Bruxelles relativamente all’uscita dall’Unione europea. Accordo che potrebbe essere rifiutato dal parlamento con una maggioranza anche di 200 voti. Una sconfitta, data come inevitabile da tutti i giornali, che indurrebbe i parlamentari più europeisti a pensare a un secondo referendum. Proprio per questo in queste ore giornali e Bbc parlano tutti del discorso che la premier terrà a Stoke on Trent, città che ha votato per lasciare l’Ue, e dell’appello che lancerà, qualche ora dopo, a Westminster, nel tentativo di evitare la bocciatura. «Il rischio che non si esca dall’Unione europea è maggiore di quello di un no deal, una rottura senza accordo»: questo l’avvertimento di May riportato dal tabloid britannico Daily Express.

Guidati dal leader liberaldemocratico Vince Cable, i deputati favorevoli a rimanere nell’Unione europea potrebbero proporre, già lunedì prossimo, che agli elettori venga chiesto di scegliere in un nuovo referendum tra l’accordo firmato da Theresa May e restare nell’Ue. Tutti i giornali registrano inoltre le dichiarazioni del leader dell’opposizione, il laburista Jeremy Corbyn, che ha promesso, in un’intervista tv, una mozione di sfiducia contro il governo, sperando in elezioni generali.

Sul clima di questi giorni è intervenuto,  in un’intervista con la radio cristiana “Premier Christian Radio”, anche il primate anglicano Justin Welby, che ha lanciato l’allarme contro il rischio del “no deal”. «Prego per la premier Theresa May e per gli altri politici ogni giorno – ha affermato l’arcivescovo di CAnterbury -. Sono sicuro che a pagare il prezzo di un’uscita senza accordo dall’Unione europea saranno i più poveri e vulnerabili». Secondo il primate, se il Regno Unito dovesse rompere in modo drastico con la Ue, senza mantenere qualche legame commerciale con il mercato unico, il risultato sarebbe un fallimento non soltanto politico e pratico ma anche morale.

«Tocca a chi vuole portarci fuori dall’Unione europea, senza che sia stato avviato qualche legame commerciale con gli altri ventisette Paesi, dimostrare che questa soluzione non danneggerà i più poveri e i più vulnerabili», ha ribadito Welby, che nel referendum del 2016 aveva votato per rimanere nella Ue, definendola «il più grande sogno degli esseri umani dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente». Nonostante questo, negli ultimi due anni l’arcivescovo ha parlato spesso del bisogno di riconciliazione, incoraggiando gli esponenti delle due fazioni, quella a favore e quella contro l’Ue, a moderare il linguaggio e a cercare soluzioni per il bene dei cittadini.

14 gennaio 2019