Al convegno internazionale organizzato da Greenaccord Onlus e dal Comune di Napoli, all’Università Suor Orsola Benincasa, si è parlato di alimentazione, agricoltura e ambiente
Non solo una questione alimentare o geopolitica. Il pane è anche metafora della convivenza tra gli uomini: sta per ogni bene spirituale che può essere tenuto per sé o condiviso con gli altri. Il problema della fame del mondo non è dunque solo un problema tecnico, di produzione di risorse, ma innanzi tutto etico. È stato questo il tema dell’ultima sezione di lavoro – “Non di solo pane: bisogni non materiali per il benessere della persona” – e anche l’approdo dell’11° Forum internazionale dell’informazione per la salvaguardia della natura, discutendo del tema “People Building Future. Sfamare il mondo. Alimentazione, agricoltura e ambiente”. Un convegno internazionale, con dodici relatori e quattro tavole rotonde, organizzato da Greenaccord Onlus e dal Comune di Napoli, svoltosi da mercoledì 8 ottobre fino a sabato 11 presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, cui hanno partecipato una sessantina di giornalisti da tutti i continenti.
Per dimostrare questa tesi il teologo Sergio Sebastianel, vice preside della Facoltà Teologica Meridionale, e docente di Teologia morale, è partito dall’esperienza evangelica: «Nel Vangelo il pane deve essere condiviso. Fino all’esempio dell’Eucaristia. Al contrario invece il pane, nella storia, non è stato mai realtà del vivere insieme, ma un motivo per cui ci si è divisi fino ad uccidersi. Ma iI pane è ciò con cui creiamo le nostre relazioni con gli altri. Posso tenere il pane per me, o perfino regalarlo facendomi notare che lo regalo: attraverso il pane posso far vedere che sono buono, migliore. Oppure posso regalare il pane davvero, affinché l’altro viva. Il mio rapporto al pane media il mio rapporto agli altri. Può esserci condivisione oppure contesa e prevaricazione». Il modo in cui trattiamo i beni decide dunque del valore che diamo alla vita degli altri, ma anche alla nostra. «Nella morale noi ci accorgiamo che non possiamo trattare una persona come una cosa. Non possiamo strumentalizzarla. Se l’altro per me è solo uno strumento, che valore ha la mia vita? Solo il valore che hanno le cose. Il valore morale è questo desiderio: far sì che gli altri vivano attraverso la propria vita».
Il filosofo Aldo Masullo ha preso le mosse dalla frase biblica “Non di solo pane…” per discriminare due stili di esistenza, la materiale e la spirituale, e la loro dialettica nell’attuale epoca storica. «Il testo evangelico – ha specificato il filosofo – non dice “vive”, ma “vivrà”. Non è solo un richiamo alla dimensione religiosa, il vivere o meno di solo pane è una scelta». La situazione economico-finanziaria in cui il mondo versa da qualche anno racconta anche una fase antropologica. «La nostra crisi non è tanto economica. Dopo una crisi infatti si ritorna alla normalità. Ci troviamo in una crisi di trasformazione dell’uomo di cui siamo portatori senza rendercene conto. Come è possibile immaginare che questa trasformazione si realizzi solo per la dialettica delle forze materiali? O attraverso la buona volontà degli uomini? Processo materiale e culturale devono agire uno sull’altro. Ambedue devono assumersi un pari onere di procedere la trasformazione propria e dell’altro fattore. Da che parte dobbiamo cominciare? Io dico “Io ricomincio da me”. Ognuno – ha concluso Masullo – deve assumersi la sua responsabilità senza preoccuparsi della responsabilità degli altri».
D’accordo sull’idea di un cambio di paradigmi antropologici piuttosto che di una crisi momentanea anche Antonio Galdo, giornalista e autore del libro “Non sprecare”. «Sta saltando il capitalismo drogato. Un terzo del cibo va sprecato. Il 26% degli sprechi avviene nelle case. Dai panettieri si spreca il 30% del pane, mentre la Caritas di Roma spende 60 mila euro all’anno per comprare il pane. Eppure questi anelli non si incontrano. Per decenni abbiamo proceduto con la bussola dell’”Io”. Abbiamo anche tentato di riscrivere regole morali in nome dell’Io». Ma qualcosa sta già cambiando. «In Italia è già in atto una rivoluzione da basso: degli stili di vita, dei consumi e dei valori. Gli italiani hanno riscoperto la sobrietà. Il 77% degli italiani ha rivoluzionato la sua spesa. Ma la lotta agli sprechi è essenziale. Il Pil non basta a definire il benessere di una persona. Il nuovo benessere – ha concluso Galdo – non sarà più misurabile con le statistiche, ma dalla qualità della nostra vita».
13 ottobre 2014