La vocazione, «questione di innamoramento»

La veglia alla vigilia delle ordinazioni sacerdotali. Vallini: «Non c’è persona per la quale il Signore non abbia pensato una strada per essere felice»

La veglia di preghiera, alla vigilia delle ordinazioni sacerdotali. Il cardinale Vallini: «Non c’è persona per la quale il Signore non abbia pensato una strada per essere felice»

Età diverse e diversa provenienza, hanno preso tutti un’unica decisione: mettersi al servizio di Dio. «La vocazione è la chiamata di Dio alla propria verità»: il cardinale vicario Agostino Vallini ha detto così all’assemblea che venerdì sera, 15 aprile, si è riunita nella basilica di San Giovanni in Laterano per celebrare la vocazione dei nove studenti dei seminari diocesani che domenica 17 sono stati ordinati sacerdoti da Papa Francesco. Il più giovane è Andrea Calamita, romano, classe 1990, del Pontificio Seminario Romano Maggiore. Provengono da lì anche Simone Galletti, romano, del 1981, ed Eugenio Francesco Giorno, nato nel 1983 a Cosenza. Due romani anche tra i quattro diaconi del Collegio Diocesano Missionario Redemptoris Mater: Andrea Lamonaca (1972) e Luigi Pozzi (1975); di questo gruppo anche Mattia Seu, nato a Milano nel 1984, e il filippino Lopito Migue Lituñasi, nato a Tubigon nel 1974. Infine è calabrese Giuseppe Castelli, dell’Almo Collegio Capranica (Reggio Calabria, 1972), e siciliano Alberto Tripodi, nato a Messina nel 1982, del Seminario della Madonna del Divino Amore. Come ha ricordato il cardinale Vallini alla fine della celebrazione, di sacerdote ce ne sarà anche un decimo: don Giuseppe, Kongru Huang, proveniente dalla Cina. Lui non vede la sua famiglia da 7 anni e finalmente i suoi cari potranno giungere in Italia per assistere alla sua ordinazione, che sarà il 30 aprile nella cappella del Seminario Maggiore, per le mani del vescovo Paolo Lojudice. Sarà ordinato per la sua diocesi di origine.

La preghiera si è incentrata sul versetto del salmo 17 “La tua misericordia mi ha fatto crescere, hai spianato la via ai miei passi”, e proprio l’importanza dalla misericordia è stata raccontata dal 25enne Andrea Calamita. La vocazione per lui è stata «una questione di innamoramento». Spesso, ha detto, «c’è una domanda che mi viene posta, che sta nel cuore di molti e forse anche nel cuore di molti di voi: perché farsi prete e soprattutto perché così giovane. È come se chiedessi a qualche giovane perché ti sei innamorato». Andrea è stato «sedotto da Gesù» a soli 15 anni attraverso la misericordia: «Mi faccio prete perché ho sperimentato la misericordia di Dio e vorrei donare agli altri la stessa Misericordia», ha spiegato.

«Anche io mi chiamo Andrea e sono giovane dentro» ha scherzato poi Andrea Lamonaca, ordinando della parrocchia di San Mauro Abate. A vent’anni ha lasciato la famiglia per studiare e si è riavvicinato alla fede solo dopo. Quindi l’ingresso in seminario, quando già lavorava: «A un certo punto però mi sono ritrovato ad ascoltare nella Chiesa la parola che mi ha fatto capire che Gesù Cristo era vivo». Fondamentale l’incontro a Loreto con Papa Benedetto XVI: «Ho sentito questa chiamata a dare la mia vita al Signore. Quando sono entrato nella Chiesa, Cristo mi ha ricostruito la vita». La decisione non era scontata. «Dopo 5 anni di seminario qui a Roma – ha riferito – sono stato mandato in Africa un anno. Al ritorno sono entrato in una profonda crisi, non sapevo più cosa dovevo fare della mia vita, però il Signore ha sparigliato di nuovo le carte e oggi sono finalmente contento».

Don Fabio Rosini, che dirige il Servizio vocazioni della diocesi di Roma, ha spiegato quanto sia importante la vicinanza della Chiesa per arrivare a questa decisione: «Cos’è la pastorale vocazionale? Qualcuno potrebbe dire “arriva il cerca preti”. Non è questo: è la risposta a un’esigenza sacrosanta di un giovane cristiano di capire da Santa Madre Chiesa che cosa Dio vuole da lui». Rosini non ha dubbi: «La vocazione sacerdotale è un modo per intendere la verità: solo chi ti ama ti capisce, solo l’amore dà il retto pensiero». Ma è necessario liberarsi di tutti gli «orpelli». La vocazione, ha continuato, è «diventare oggetto senza resistenze della misericordia di Dio. Bisogna lasciare tutti i sentimenti da cui ci si lascia dominare per scoprire una sola cosa: che io sono vero solo nell’amore di Dio».

«È proprio vero. Ognuno trova la sua strada – ha ribadito il cardinale Vallini, parlando di sé -. La mia è partita dalla morte di mia madre quando avevo 12 anni. Mi domandavo: perché? Perché non devo avere la mamma? Mi sono messo a leggere il Vangelo»; da lì l’esperienza dell’amore di Dio. La vocazione però, ha poi continuato, non è solo per i religiosi, ma per tutti: «Sembra qualcosa da preti o da suore, ma non è così. Se volete togliamo questa parola: è la chiamata di Dio al bene di ognuno. Non c’è persona che venga su questa terra – ha concluso il cardinale – per la quale il Signore non abbia pensato una strada per essere felice».

18 aprile 2016