L’arcivescovo di Homs: «Alla comunità internazionale chiediamo il cessate il fuoco»
Il presule greco-melchita a San Giovanni Battista de’ Rossi. «La Siria è stanca degli accordi fatti fuori dalla Siria. I siriani vogliono restare. Aiutateci a restare»
Il presule greco-melchita a San Giovanni Battista de’ Rossi. «La Siria è stanca degli accordi fatti fuori dalla Siria. I siriani vogliono restare. Aiutateci a restare»
«Siamo stanchi della guerra e degli accordi che vengono fatti fuori dalla Siria, mentre noi siriani soffriamo. Se questa pace si concretizzerà, sarà estesa al Medio Oriente e anche all’Europa». Non usa mezzi termini monsignor Jean-Abdo Arbach, arcivescovo greco-cattolico melchita di Homs, riferendosi al conflitto che da cinque anni insanguina la Siria e ha colpito con maggior veemenza proprio la sua diocesi. A pochi giorni dall’ultimo attacco, che ha fatto oltre 50 vittime in un sobborgo di Homs, il presule siriano ieri sera, giovedì 25 febbraio, è stato ospite nella parrocchia romana di San Giovanni Battista de’ Rossi, dove ha presieduto una Messa per invocare la risoluzione della guerra.
Un momento di preghiera seguito dalla riflessione e dall’ascolto. «Il popolo siriano, e anche noi, dopo cinque anni di guerra abbiamo la grande speranza del cessate il fuoco», spiega sollecitato dalla domanda del giornalista Piero Damosso che gli chiedeva cosa si aspettasse in vista di sabato 27 febbraio, giorno di un nuovo tentativo di cessazione delle ostilità concordato tra Russia e Stati Uniti. «La Siria è la culla del cristianesimo, però nel tempo ha subito tante oppressioni», premette. Una realtà che appare in tutta la sua drammaticità nel documentario “Cristiani di Siria”, realizzato dalla regista italo-siriana Carolina Popolani in seguito a un viaggio parrocchiale dell’estate scorsa, che mostra distruzioni e profanazioni di icone e simboli sacri della religione cristiana da parte dei terroristi dell’Isis.
«Dalla Siria, negli ultimi cinque anni, sono andati via 500mila cristiani. Per questo mi chiedo e chiedo ai capi europei: c’è davvero un complotto per far uscire tutti i cristiani dal Medio Oriente? I nostri fedeli vogliono rimanere nella loro terra e noi abbiamo bisogno di aiuto per fare in modo che rimangano, non perché escano». Fra quelli che sono partiti anche Samer Afisa, con la moglie e i due bambini: una delle tante famiglie siriane che hanno cercato altrove il loro futuro. Rifugiati a Roma dal novembre 2015, sono accolti e aiutati dalla rete dei cooperatori salesiani. «Io ho studiato in Italia vent’anni fa – racconta Samer – e conosco la lingua. Non è facile perché in Siria avevamo tutto. Ma la vita è costantemente in pericolo: a Damasco manca la luce, il gas e la benzina e ogni giorno muoiono numerosi civili. Tanti vorrebbero scappare e vendono ciò che hanno per pagare i trafficanti, con la speranza di arrivare in Europa. Regna il terrore dell’Isis, il freddo e la fame. Qui invece, nonostante le difficoltà, possiamo ricominciare».
A Homs, dopo la liberazione della città dall’Isis, la situazione sembra essere un po’ migliore. «Oggi – spiega monsignor Arbach – 60 famiglie greco cattoliche sono rientrate in città, così come tante altre famiglie di altre chiese. Abbiamo ricostruito la sede vescovile, ma la cattedrale non si può aggiustare». Il presule, sopravvissuto per miracolo all’esplosione che ha colpito la sua cattedrale due anni fa, sottolinea che i siriani stanno tornando lentamente ad abitare anche i villaggi. Ecco perché alla comunità internazionale chiede innanzitutto «il cessate il fuoco e la pace. Speriamo che ci sia una convivenza e una fratellanza tra tutte le religioni della Siria, come era prima della guerra». Monsignor Arbach, a Roma, incontrerà Papa Francesco, che conosceva da quando era in Argentina. «Desidero ringraziarlo perché ci ha incoraggiato a vivere la nostra fede. Non dimentichiamo quando ha indetto una giornata intera di preghiera per la Siria e, a quel tempo, si è capovolta la situazione».
26 febbraio 2016