Le Chiese contro l’annessione israeliana di aree della Cisgiordania
La data fissata al 1° luglio. Le dure reazioni delle Chiese locali e internazionali, per cui sarebbe una pietra tombale alla soluzione “Due Popoli, Due Stati”
Oggi, 1° luglio, dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – prendere il via l’annunciata annessione, da parte di Israele, delle aree della Cisgiordania dove sono state edificate oltre 130 colonie, considerate illegali dalla comunità internazionale. Un annuncio dato dall’attuale premier Benjamin Bibi Netanyahu e concordato, in sede di formazione del nuovo governo, con il suo ex rivale, ora alleato, Binyamin Benny Gantz. Il piano di annessione, infatti, è nel cosiddetto “contratto di governo” stipulato dai due principali partiti della coalizione, il Likud di Netanyahu e il partito centrista Blu e Bianco, dell’ex capo dell’esercito Benny Gantz. Quest’ultimo destinato a subentrare, a fine 2021, allo stesso “Bibi”, alla guida del governo. Per approvare l’annessione il Parlamento israeliano (Knesset) dovrebbe promulgare un’apposita legge. Se così fosse, il 1° luglio potrebbe diventare una data storica nell’ultradecennale conflitto israelo-palestinese, destinata a porre una pietra tombale sulla soluzione “Due Popoli, Due Stati”, appoggiata dalla comunità internazionale, Santa Sede in testa. Diversamente si potrebbe assistere ad una sospensione del provvedimento o a una annessione “simbolica”, limitata solo all’insediamento di Ma’ale Adumim, di fatto già considerato da Israele come parte del suo territorio.
La reazione delle Chiese locali. Il progetto di annessione ha provocato la dura condanna del presidente palestinese Mahmoud Abbas, del re di Giordania Abdallah II, dei 22 paesi della Lega e di gran parte dei Paesi europei e della comunità internazionale. «Illegale»: così Michelle Bachelet, Alto commissario Onu per i diritti umani, ha bollato il piano israeliano. Anche le Chiese locali hanno alzato la voce contro il progetto di annessione. «Non si può più parlare onestamente e concretamente di soluzione “Due Popoli Due Stati” che diventa, tecnicamente, sempre più difficile. Se poi l’annessione verrà effettuata sarà una situazione irreversibile», ha tuonato l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, durante una diretta social. Per l’arcivescovo «parlare di pace, di negoziati, all’interno della società sia palestinese sia israeliana non è molto realistico». Sulla stessa linea i patriarchi e i capi delle Chiese di Terra Santa, tra i quali figurano lo stesso Pizzaballa, il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton e il patriarca greco-ortodosso Teofilo III.
In una nota congiunta i leader religiosi «considerano tale piano di annessione unilaterale, invitano lo Stato di Israele ad astenersi» e esortano il Quartetto «Usa, Ue, Onu e Russia a rispondere a questo piano con un’iniziativa di pace graduale e delimitata nel tempo, in linea con il diritto internazionale e con le relative risoluzioni delle Nazioni Unite, al fine di garantire una pace completa, giusta e duratura in questa parte del mondo, considerata santa dalle tre fedi abramitiche». Non meno significativo il monito rivolto all’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) affinché «risolva le sue controversie interne e gli eventuali conflitti con altre fazioni che non sono sotto il suo ombrello, per presentare un fronte unito impegnato a raggiungere la pace e a costruire uno Stato fondato sul pluralismo e sui valori democratici». Preoccupazione anche da Gaza, dove la piccola comunità cristiana locale (circa 1.000 fedeli dei quali 117 cattolici) teme per un nuovo conflitto. «Qui nella Striscia – dichiara il parroco padre Gabriel Romanelli – la popolazione è abituata al conflitto e alla violenza e forse anche per questo motivo si è spinti a pensare che l’annessione sia un’altra scusa per far scoppiare una nuova guerra che qui nessuno vuole».
Reazioni dalle Chiese internazionali. Condanne si sono levate anche da Pax Christi International, che in un comunicato ribadisce la sua opposizione al piano israeliano «riconoscendo Gerusalemme est e le alture del Golan siriane come illegalmente annesse ai sensi del diritto internazionale. Continuiamo a condannare l’occupazione israeliana della Cisgiordania da 53 anni ed il blocco di Gaza da 13 anni. Manteniamo una forte e costante solidarietà con le nostre sorelle e fratelli palestinesi la cui libertà, dignità e diritti umani sono minacciati da questa attuale proposta e dalle precedenti azioni di Israele». L’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e il cardinale arcivescovo di Westminster Vincent Nichols hanno scritto sia all’ambasciatore israeliano Mark Regev sia al primo ministro britannico Boris Johnson, esprimendo la loro opposizione a qualsiasi azione del governo israeliano volta ad annettere il territorio della Cisgiordania. Anche i vescovi cattolici e anglicani del gruppo del Coordinamento Terra Santa, rappresentati dal vescovo cattolico di Clifton Declan Lang e dal vescovo anglicano di Southwark Christopher Chessun, hanno ribadito che «l’annessione della Cisgiordania allontanerebbe qualsiasi residua speranza di successo per il processo di pace e aggraverebbe soltanto il conflitto, le sofferenze e le divisioni». Preoccupazione è stata espressa anche da parte del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc), della Comunione mondiale delle Chiese Riformate e da Act Alliance-Federazione mondiale luterana. L’annessione, sottolineano, «è in diretta violazione del diritto internazionale e va contro diversi accordi internazionali, risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e del Consiglio di sicurezza, il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 2004 e la Quarta Convenzione di Ginevra del 1949. Chiediamo alla comunità internazionale di agire immediatamente». (Daniele Rocchi)
1° luglio 2020