Le migrazioni e la sfida dell’integrazione, tra Bibbia e Corano

Al Pisai la presentazione del Dossier immigrazione redatto dal Centro Idos. Il direttore Cottini: «Riconoscere l’alterità, partendo dai testi sacri»

Al Pisai l’incontro di presentazione del Dossier statistico immigrazione redatto dal Centro Idos. Il direttore Cottini: «Riconoscere l’alterità, partendo dai testi sacri»

Per superare l’«emergenza migranti» bisogna prima di tutto conoscere e rispettare l’alterità. In questa esortazione c’è tutto il senso dell’incontro di ieri, mercoledì 2 marzo, al Pontificio Istituto di Studi arabi e di islamistica (Pisai) in occasione della presentazione del “Dossier statistico sull’immigrazione” redatto del Centro Studi e Ricerche Idos. Un momento di riflessione a più voci, con un comune filo conduttore: «Non c’è nessuna invasione». I dati del rapporto, ha spiegato Ugo Melchionda, presidente del Centro Idos, «parlano da soli», ma serve anche spiegarli per comprendere meglio le dinamiche in atto. Con la moderazione di Franco Pittau, presidente onorario del Centro Idos, ne hanno discusso Claudio Paravati, direttore della rivista interreligiosa “Confronti”, Francesco Zannini, docente del Pisai, il direttore dell’Istituto pontificio don Valentino Cottini e l’ambasciatore a riposo Adriano Benedetti.

«L’Italia è immersa nel Mediterraneo e siamo stati parte del Mediterraneo arabo islamico, non eravamo la controparte – ha ricordato Zannini -. Il nostro Paese non è stata solo un crocevia di culture, le ha anche condivise. Le problematiche sono iniziate quando nel XX secolo è partito il fenomeno migratorio»: allora, ha spiegato il docente, si sono innescate delle dinamiche per cui nel «condomino» non ci sono stati più rapporti di «buon vicinato». Le generalizzazioni a cui assistiamo oggi non aiutano ad affrontare il problema: «C’è differenza tra arabicità e islamicità, esistono anche arabi cristiani. Allo stesso modo un turco è diverso da un marocchino, linguisticamente ed etnicamente». Sono molti poi i gruppi e i movimenti all’interno della religione musulmana: «Una galassia dove tutti si riconoscono attorno a un comune denominatore, l’Islam, che però è letto da ciascuno dal suo punto di vista». Le scissioni non sono solo confessionali ma, ha spiegato Zannini, anche sociali: «Stanno crescendo nuove generazioni di musulmani nati in Italia, che desiderano integrarsi. Sono giovani che stanno cercando una nuova identità in cui proteggere la propria religione e renderla compatibile con la cultura e con l’ambiente. Questi ragazzi vivono una forte tensione perché da una parte ci sono i genitori che li richiamano alla realtà del Paese d’origine, dall’altra parte il loro desiderio di integrazione, e tutto questo si scontra con una forte incomprensione».

Per superarla, il direttore del Pisai Cottini ha esortato a riconoscere l’alterità, partendo dai testi sacri, senza “biblicizzare” il Corano e senza “coranizzare” la Bibbia: «Se la rivelazione per i musulmani si identifica con un libro, per i cristiani si identifica con una persona, di cui la Bibbia parla e alla quale la Bibbia conduce. Impossibile quindi un accostamento puro e semplice». Un concetto complesso: «Che cosa c’entrano i testi sacri con i bisogni concreti degli immigrati musulmani in Europa e con i bisogni concreti degli immigrati cristiani in Arabia Saudita? Probabilmente poco, ma sarebbe importante almeno sapere e rendersi conto che un’integrazione passa necessariamente attraverso l’accettazione delle differenze e che le differenze da accettare incominciano dall’esposizione dei rispettivi simboli».

Della stessa opinione Adriano Benedetti, membro del Circolo di Studi diplomatici, secondo cui configurarsi come cristiani garantisce la presenza di un interlocutore, altrimenti dai contorni non definiti. Oggi, ha ricordato, assistiamo a migrazioni di grandi dimensioni e l’esito degli sconvolgimenti geopolitici in atto è incerto, ma non nel senso più scontato: «Oggi si parla di cambiamenti epocali, ma forse sarebbe meglio dire che è cambiata l’epoca e nessuno sa dove questo ci porterà». Un problema identitario che coinvolge tutti e che deve avere una risposta unitaria, dai risultati visibili: «Dobbiamo pensare che si parla dei diritti di tutti. Pochi giorni fa è stata dichiarata incostituzionale la legge antimoschee; in realtà si tratta di una legge che avrebbe coinvolto tutti i luoghi di culto», ha evidenziato il direttore di “Confronti” Paravati. La reazione deve essere fatta di mediazione, cultura e «qualche buona prassi. L’arrivo in Italia di 100 immigrati grazie ai corridoi umanitari è stata un’azione ecumenica che nel suo piccolo va salutata con favore».

3 marzo 2016