Le Oblate di Santa Francesca Romana, donne al servizio della carità
Ai piedi del Campidoglio, la comunità fondata nel 1433 dalla santa. «Senza preghiera non c’è apertura all’altro»
Ai piedi del Campidoglio, fra la basilica di Santa Maria in Aracoeli e le rovine del Teatro di Marcello, lì, all’incrocio di storie e Storia, c’è il monastero delle Oblate di Santa Francesca Romana. Una Congregazione fondata nel 1433 da santa Francesca Romana (1384-1440), che con i santi apostoli Pietro e Paolo e san Filippo Neri è patrona di Roma. Donne al servizio della città e degli uomini malati nel corpo e nell’anima. «Chi bussa alla nostra porta chiede soprattutto la preghiera», dice la comunità delle monache. «Bisogna recuperare una dimensione di “altruismo”. Una parola oggi non solo difficile da pronunciare ma da vivere. Viviamo un tempo incapace di sacrificio. Non si è più capaci di pensare al “noi”, esiste solo la dimensione dell’io e questo rende sterile il mondo. Solo il sacrificio e la cura dell’altro sa fecondare il presente e aprire strade di speranza per il futuro», spiegano le suore.
Si vive come una nave senza nocchiero che naviga in acque agitate, «si va avanti senza una meta», dicono le monache, che aggiungono: «Se ci guardiamo intorno vediamo che la vita è fagocitata, divorata da mille attività ma non vissuta, assaporata. È come se si fosse incapaci di cogliere la bellezza che abbiamo intorno. E questo lo vediamo nell’assenza di attenzione per i problemi dell’ambiente. Si parla molto, ma sono poche le risposte concrete. Oggi il dibattito si è riacceso per le parole di Greta Thunberg, un’adolescente svedese di 15 anni che sta interrogando i potenti della Terra su quale mondo verrà consegnato alle nuove generazioni».
Saper custodire con cura quello che la storia ha lasciato è per le monache un atto di amore. E in monastero questa cura la si vede in ogni dettaglio; in giardino la natura si affaccia in tutta la sua bellezza grazie alle piante di agrumi. Le monache vivono tra contemplazione e azione, la più grande ha 81 anni, la più giovane 69; a loro si aggiungono due quarantenni arrivate da poco. «Abbiamo una lunga tradizione di ospitalità che oggi si rivolge alle universitarie fuori sede». Come capire quando Dio chiama? «Ognuno ha la sua storia per raggiungere la felicità. Bisogna sapersi ascoltare per capire i propri percorsi di vita, che spesso arrivano in maniera inaspettata», rispondono. «Siamo come inghiottiti da un vortice, avvolti da mille attività che ci fanno vivere in una incertezza generale. Questo è un grande pericolo per il nostro futuro». L’antidoto? «Per noi è la preghiera che ci sostiene nelle attività. Il silenzio ci pone in ascolto della presenza di Dio insieme al calore della carità fraterna. Senza preghiera non c’è apertura all’altro, alla speranza, a qualcosa che ci fa uscire dai nostri schemi e orizzonti, perché la preghiera spalanca la vita agli orizzonti di Dio».
Scorrono tanti ricordi, come la visita di Giovanni Paolo II il 29 aprile 1984, nel centenario della nascita di santa Francesca Romana. «Per noi il richiamo di santa Francesca a essere fedeli all’impegno di oblazione, offerta di sé a Dio e ai fratelli, è una missione importante». Di quale malattie soffre il nostro tempo? «C’è mancanza di una visione di fede, si è ripiegati su se stessi, dominati da un grande egoismo e da una ricerca superficiale e apparente di felicità. Tutta la vita è concentrata nella ricerca del denaro. L’avere sta bruciando le relazioni, inaridisce il cuore e svuota la vita. Si perde in felicità». Ancora, proseguono le monache, «l’altra malattia che sta deturpando l’uomo è la mancanza di rispetto per la famiglia e per la vita. Non sappiamo più vedere l’altro, accoglierlo come persona, non ci salutiamo neanche per strada. C’è una crudeltà che scorre sottile per cui l’altro è un elemento di fastidio piuttosto che uomo, e per i credenti, un fratello. Preghiamo affinché questo tempo di Quaresima sia propizio per convertirsi al Vangelo». E con un sorriso, salutano, per riprendere le loro tante attività al servizio di ogni uomo.
8 marzo 2019