Le religiose e la vocazione a “custodire”

Celebrata l’assemblea diocesana dell’Usmi in apertura dell’anno pastorale dedicato da Francesco alla vita consacrata. Suor Zaltron (Orsoline di Vicenza): «La fraternità è il più efficace Vangelo che possiamo raccontare»

 

È quello di Maria, madre che ha saputo accogliere e custodire nella sua fragilità umana la grandezza e il mistero di Dio, il modello proposto alle superiore locali che sabato 20 settembre hanno partecipato all’annuale assemblea diocesana dell’Usmi in rappresentanza delle numerose comunità di Roma. Oltre mille le religiose presenti nella sede delle Pie discepole del Divin Maestro, a Casa Betania, sulla Portuense, per inaugurare quest’anno pastorale particolarmente importante perché Papa Francesco l’ha voluto dedicare proprio alla vita consacrata.

Ad aprire i lavori, la nuova delegata diocesana, suor Gabriella Guarnieri, delle Maestre Pie Venerini, che nel ringraziare per la fiducia accordatale, ha auspicato di «camminare insieme alla luce della sapienza del Signore, perché solo in lui ritroviamo il senso del nostro andare che non può essere un semplice peregrinare». Presente anche padre Agostino Montan, direttore dell’Ufficio diocesano per la vita consacrata, che ringraziando il precedente consiglio per i quattro anni di intenso lavoro ha guardato avanti mettendo in luce alcuni appuntamenti in calendario, tra i quali la proposta dell’udienza con il Papa prevista per il prossimo mese di maggio. Ancora, l’invito a valorizzare i carismi dei vari ordini e al dialogo proficuo con i parroci.

Ad offrire un momento di formazione è stata suor Bruna Zaltron, delle Orsoline di Vicenza, che ha condiviso degli spunti di riflessione sul tema dell’autorità e del servizio al singolo, alle comunità e alle missioni. A partire dalla constatazione del momento di crisi che la società tutta sta vivendo, la religiosa ha sottolineato i tre obiettivi che «il pontefice sembra chiederci di attuare per “svegliare il mondo”: avere una memoria grata del passato, abbracciare con fiducia il futuro e vivere con passione il presente». Modalità necessarie, ha osservato, per esercitare con autorevolezza l’autorità a cui le superiore sono chiamate. «C’è diffidenza nei confronti dei superiori – ha affermato – perché il potere è visto come manipolazione»; tuttavia «alla visione comune, si contrappongono parole di speranza di Benedetto XVI secondo cui a redimere non è il potere ma l’amore».

Ecco quindi il salto da compiere: «Dalla concezione di potere come controllo – ha detto madre Zaltron – a quella di potere come “I care”», ossia sollecitudine, premura, perché «tutti cerchiamo qualcuno a cui appartenere e di cui prenderci cura». Richiamo chiaro alla vocazione all’uscire da sé in un momento storico in cui «a vincere è il modello del singolo egoista e autosufficiente – ha continuato -; ma per chi ha un ruolo di guida e di animazione è essenziale passare dall’essere custoditi al custodire gli altri». Allora esercitare autorità e autorevolezza, in senso strettamente etimologico, sarà davvero «far maturare, far crescere» e potrà essere considerato sinonimo di “custodire” laddove «questo è il modo autentico di servire Dio».

A conclusione del suo intervento, suor Bruna Zaltron ha indicato quattro dimensioni del custodire. «La prima è verso se stessi perché la sana cura di sé rende davvero capaci di prenderci cura degli altri»; consequenziale, quindi, «la cura dei fratelli, perché la fraternità è il più efficace Vangelo che possiamo raccontare». Ancora, «prendersi cura della storia, perché è testo e non semplicemente contesto»; infine, «dobbiamo custodire Dio con la stessa tenerezza che Maria ha avuto per lui, accogliendo la grandezza nella fragilità umana».

22 settembre 2014