Nicaragua: il vescovo Alvarez «ancora in carcere»
A rivelarlo è il cardinale Brenes, smentendo la notizia della scarcerazione e dell’affidamento alla Conferenza episcopale nicaraguense. Baez: «Vuole vivere libero nel suo Paese»
Il cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua e presidente della Conferenza episcopale nicaraguense, ha smentito categoricamente la notizia circolata ieri, 6 luglio, di una scarcerazione del vescovo di Matagalpa Rolando Álvarez, arrestato quasi un anno fa dal regime di Daniel Ortega e detenuto nel carcere di La Modelo, nell’hinterland di Managua, dal febbraio di quest’anno, dopo la condanna a 26 anni di carcere. «Monsignor Álvarez non è stato scarcerato, non si è mai mosso dal carcere, non è stato affidato alla Conferenza episcopale del Nicaragua – ha assicurato -, si tratta solo di speculazioni giornalistiche».
Il presidente dei vescovi ha dichiarato di non vedere il confratello da molti mesi, cioè da prima della sua detenzione in carcere, nonostante le molte voci di dissidenti e giornalisti che parlano di un rilascio del presule avvenuto provvisoriamente lunedì. Tanto da arrivare a diffondere la notizia, rivelatasi non vera, della sua liberazione. Secondo le ricostruzioni, avanzate con insistenza dalla stampa indipendente nicaraguense, Álvarez, nell’ambito di una trattativa portata avanti faticosamente da più soggetti, avrebbe per una seconda volta rifiutato l’esilio, proclamando di voler essere libero nel suo Paese.
Una tesi, quest’ultima, avvalorata implicitamente anche dal vescovo Silvio José Báez, ancora ufficialmente ausiliare di Managua, che dal suo “esilio” di Miami scrive su Twitter: «Nell’agosto 2022 ho parlato al telefono con monsignor Rolando Álvarez, quando era ancora sequestrato a Matagalpa. In quell’occasione mi disse che non avrebbe lasciato il Nicaragua per nessun motivo, a meno che il Papa non glielo avesse ordinato. Aggiunse che si trattava di una decisione in coscienza davanti a Dio. Quindi non c’è nulla da negoziare. Conosco Rolando – aggiunge – e non negozierà mai una decisione di coscienza che ha preso e che capisco perfettamente». Nel 2019, ricorda ancora l’ausiliare, «avrei fatto come lui. Non avrei mai lasciato il mio Paese in esilio. Se sono partito, è stato per obbedienza al Papa che mi ha ordinato di farlo. Comprendo la decisione dolorosa che il mio fratello vescovo ha preso e lo sostengo – scrive -. Come cittadino innocente ha il diritto di vivere liberamente nel suo Paese. Inoltre, un vescovo pastore non si allontana dal suo popolo perché una dittatura glielo impone. Io avrei agito allo stesso modo, anche se avessi dovuto pagare un prezzo doloroso». È stato infatti solo per obbedienza al pontefice che Báez ha lasciato il Nicaragua: Francesco glielo chiese per preservare la sua stessa vita, di fronte a precise minacce.
7 luglio 2023