Repubblica Centrafricana, dove la Chiesa è un obiettivo

La denuncia del vescovo dopo il massacro di Alindao, il 15 novembre scorso, in cui sono morti il vicario generale e il parroco di Mingala. I due nuovi progetti della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre

Il rapporto definitivo è arrivato: sono 80 le vittime dell’attacco compiuto il 15 novembre scorso dai ribelli del gruppo Unité pour la paix en Centrafrique (UpcC) contro la cattedrale di Alindao, oltre che alla missione e al campo profughi attigui, nella Repubblica Centrafricana. Fra loro anche il vicario generale monsignor Blaise Mada e il parroco di Mingala don Celestine Ngoumbango, con cui sale a 5 il numero dei sacerdoti uccisi in Centrafrica nel 2018. «La Chiesa centrafricana è divenuta un obiettivo perché è l’unica a rispondere alla crisi umanitaria causata dal conflitto. Ecco perché chi ha interesse che questa guerra continui ha voluto colpirla», dichiara alla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre il vescovo di Alindao Cyr-Nestor Yapaupa. Anche gli uomini della Minusca, la missione Onu di stabilizzazione della Repubblica Centrafricana, che pure erano presenti al massacro, denuncia il presule, non hanno in alcun modo cercato di difendere i circa 26mila sfollati presenti o i sacerdoti che sono stati assassinati. «Non si sono neanche mossi. Non hanno sparato neanche un colpo. La Minusca è complice di questa strage e questo perché molti dei suoi uomini sono vicini ai ribelli, soprattutto quelli provenienti dalla Mauritania che condividono la loro stessa fede islamica». A confermarlo, fonti locali secondo cui «due giorni prima dell’attacco il leader dell’Upc è stato ricevuto dal contingente mauritano».

I ribelli, prosegue il racconto di Yapaupa, sapevano bene di uccidere dei sacerdoti. «Tutti noi religiosi indossavamo la talare. È stato un attacco contro la Chiesa». Gli uomini dell’Upc hanno anche saccheggiato e incendiato i locali della missione prima di profanare la cattedrale. «Hanno lasciato un ordigno contro la chiesa e poi hanno aperto il tabernacolo e buttato a terra il calice, il ciborio e tutte le ostie. Qualche giorno dopo sono stato obbligato riconsacrare la cattedrale».  Oggi gli sfollati che quel giorno, anche grazie al vescovo, sono riusciti a mettersi in salvo rifugiandosi nella boscaglia, sono tornati al «campo, nella speranza di trovare qualcosa da mangiare tra le ceneri di ciò che è rimasto».

Aiuto alla Chiesa che Soffre ha risposto all’attacco con un contributo di 45mila dollari in aiuti di emergenza e con 1.200 intenzioni di Messe per 12 sacerdoti della diocesi, corrispondenti a un contributo di circa 9.600 euro.  Il presule riferisce come, dopo l’arrivo di un contingente ruandese della Minusca, la situazione ad Alindao sia meno tesa. «Tuttavia le sofferenze, qui come in tutto il Paese, sono enormi. Molte persone stanno morendo, molte persone vengono uccise, e questo perché ci sono degli interessi politici ed economici». Di qui l’appello lanciato attraverso Acs a tutta la comunità internazionale: «Non si può sacrificare un’intera popolazione a causa della ricchezza. Abbiamo davvero bisogno di pace in questo Paese, i bambini devono andare a scuola e tutti noi abbiamo bisogno di vivere. Aiutateci, salvate il popolo centrafricano!».

25 gennaio 2019