Repubblica Democratica del Congo: sfollati uccisi da gruppi armati
La notizia diffusa dall’Unhcr, che esprime sgomento per «una serie di attacchi mortali». Nell’ultima aggressione, 26 le vittime, tra cui donne e bambini
26 morti, tra cui 10 donne e 9 bambini. È il bilancio dell’ultima aggressione avvenuta domenica scorsa, 28 novembre, nella Repubblica Democratica del Congo. Più precisamente, nel campo di Ndjala, nella zona sanitaria di Drodro, provincia dell’Ituri. Gli aggressori hanno utilizzato pistole, machete e coltelli. A diffondere la notizia è l’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), che esprime sgomento per «una serie di attacchi mortali perpetrati da gruppi armati ai danni di persone sfollate nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo». Il 21 novembre infatti un gruppo di miliziani ha attaccato Drodro e Tché, un altro sito che accoglie sfollati. Le autorità hanno dichiarato che nella zona di Drodro 44 persone sono state uccise e 1.200 alloggi sono stati distrutti. Quasi mille gli alloggi danneggiati nell’area di Tché.
Al momento si stima che fino a 20mila persone siano fuggite dai campi dirigendosi a Rhoe, nel tentativo di mettersi al sicuro nei pressi della base militare della Missione Onu per la stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo (Monusco). In meno di 48 ore, la struttura ha visto raddoppiare il numero di persone accolte: da 21mila a 40.500. Una situazione che ha costretto le famiglie neoarrivate a dormire all’aperto. Ora c’è bisogno soprattutto di cibo, alloggi e assistenza sanitaria, avvertono dall’Unhcr, oltre che di sostegno psicosociale.
Prima ancora, nella parte orientale del Paese, il 14 novembre un gruppo armato ha sferrato un attacco contro un campo di accoglienza nella città di Mikenge, in Sud Kivu, uccidendo sei bambini e una donna incinta. Altre otto persone sono rimaste ferite da colpi di machete e proiettili. Le persone sono fuggite e i loro alloggi sono stati distrutti. Tutti questi attacchi, «innescati in parte da tensioni intercomunitarie», aggravano i problemi a cui devono far fronte gli sfollati interni. «Il furto di capi di bestiame, che spesso accompagna queste irruzioni, rende ancora più profonda l’insicurezza economica, e le violenze amplificano le sofferenze di persone che sono state costrette a fuggire dalle proprie case in almeno una occasione – si legge nella nota dell’Agenzia Onu per i rifugiati -. Tali episodi, inoltre, infondono paura nelle popolazioni locali».
Nella RDC, il numero di persone costrette a fuggire dalle proprie case ha toccato la cifra record di 5,6 milioni: 400mila in più rispetto all’inizio del 2021. La maggior parte vive presso le comunità locali, ma più di 330mila trovano riparo nei campi di accoglienza. L’Unhcr si appella a tutte le parti affinché «rispettino la natura civile e umanitaria dei campi di accoglienza, nelle aree in cui sia la popolazione locale sia gli sfollati interni subiscono aggressioni nelle proprie case». L’Agenzia, inoltre, chiede alle parti coinvolte di «assicurare accesso alle aree colpite affinché le organizzazioni umanitarie possano prestare assistenza di importanza vitale». Alla comunità internazionale invece chiede maggiore sostegno per le proprie operazioni attualmente sotto finanziate, al fine di assicurare un supporto più efficace agli sfollati interni, dato che al momento ha raccolto solo il 52 per cento dei 204,8 milioni di dollari richiesti per garantire aiuti vitali ai beneficiari del proprio mandato nella Repubblica Democratica del Congo.
1° dicembre 2021