Siria, l’arcivescovo di Aleppo: «Perché il mondo resta a guardare inerme?»

Monsignor Antoine Audo racconta la quotidianità di una guerra al quinto anno. «Da parte internazionale sembra esserci la volontà di farla continuare»

Monsignor Antoine Audo racconta la quotidianità di una guerra entrata nel quinto anno. «Da parte internazionale sembra esserci la volontà di farla continuare»

«Prima della crisi i cristiani in città erano 150mila, oggi non credo arrivino a 50mila. È grande la paura che la nostra comunità possa scomparire. Dopo quattro anni e mezzo di guerra in Siria, la situazione è insostenibile e monsignor Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo, prova a raccontarla in un incontro a Roma, mercoledì 16 settembre, organizzato dall’Associazione Stampa Estera e da Aiuto alla Chiesa che soffre, fondazione di diritto pontificio che dal 1947 offre sostegno ai cristiani nel mondo. «I ricchi sono partiti, la classe media è divenuta povera e i poveri sono divenuti miserabili. Oltre l’80% della popolazione, che comprende anche coloro che sono altamente qualificati come i medici o gli ingegneri, non ha un lavoro». Da più di due mesi la città, che conta 2milioni e mezzo di abitanti, è inoltre priva di acqua ed elettricità. «La nostra chiesa ha un pozzo e cerchiamo di aiutare la comunità per quanto possiamo ma nelle strade la scena a cui si assiste è quella delle donne e dei bambini, con bottiglie vuote tra le mani, che vanno in cerca di acqua».

«La stessa dignità delle persone è messa a dura prova», con la classe media in fila alla Caritas per chiedere di che mangiare. Monsignor Audo usa l’espressione «povertà aggressiva», tanto è allo stremo di risorse la sua gente. Quindi l’appello alla comunità internazionale: «Siamo a 40 chilometri dal confine e tutti sanno che è la Turchia ad accogliere e dare aiuto ai gruppi armati», gli stessi che poi bombardano le città siriane. Perché il mondo resta a guardare inerme? A monsignor Audo sembra che dietro il protrarsi del conflitto siriano vi sia un non dichiarato ma palese intento: «Da anni attendiamo una soluzione politica, una piccola speranza che la guerra possa finire ma da parte internazionale sembra esserci la volontà di farla continuare, come è già avvenuto in Iraq e in Libia. Una determinazione legata agli interessi strategici nell’area mediorientale e, come ha più volte ricordato Papa Francesco, agli interessi derivanti dal commercio delle armi».

Le cifre raccontano con fredda efficacia l’immane tragedia: dal 2011 a oggi, 4 milioni di siriani sono fuggiti all’estero e oltre 7 milioni sono quelli che, pur restando nel Paese, hanno però dovuto abbandonare le proprie case. L’aspettativa di vita è scesa dai 79 ai 55 anni. I morti accertati sono 220mila, 11mila dei quali bambini, vittime, proprio loro, in mille modi: qualora hanno la vita scampata, in realtà hanno un destino minato per sempre dalle immagini di violenza a cui hanno dovuto assistere, dai boati delle bombe e dai pianti delle madri che hanno dovuto ascoltare. E sebbene non tutti e 3 i milioni di ragazzini a cui è stato tolto il diritto di studiare potranno tornare tra i banchi, grazie alle donazioni della Conferenza episcopale italiana il 15 settembre – data d’inizio del nuovo anno scolastico – è stato possibile «garantire l’apertura di 7 scuole e offrire, ai 2500 alunni frequentanti, una borsa di studio per la copertura totale delle spese».

Quanto alle lungaggini burocratiche per il riconoscimento di status di rifugiato per i siriani che arrivano in Europa, il direttore di Acs Italia Alessandro Monteduro chiede una «corsia preferenziale: se c’è una persecuzione religiosa – spiega -, queste persone non possono aspettare 18 mesi». Il «debito di riconoscenza lo abbiamo – conclude il presidente di Acs Aldo Mantovano – nei confronti di chi decide di non fuggire dalla propria terra. Queste persone potrebbero abiurare alla loro fede e, tutto sommato, vivere nella tranquillità. Invece la confermano, accettando di soffrire. Una gratitudine che non è rivolta solo ai cristiani ma a tutti coloro che hanno una prospettiva di fede, perché la libertà religiosa è un pilastro non della civiltà occidentale ma della civiltà in assoluto».

17 settembre 2015