Talitha kum: il volto giovane delle suore anti-tratta e le storie di liberazione

A Sacrofano, II Assemblea generale e 15° anniversario della rete internazionale che riunisce 5.500 religiose, religiosi e laici, tra cui 600 giovani, nella mission comune di lottare contro la tratta di persone. La dichiarazione con le priorità per il prossimo quinquennio

Soffia un vento fresco alimentato dall’energia vitale dei giovani tra le religiose della rete internazionale Talitha Kum, in prima linea nella lotta alla tratta di persone. Balli, canti, esperienze innovative, hanno ravvivato questa seconda Assemblea generale del network mondiale costituito nel 2009 presso l’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg). Dal 18 al 24 maggio a Sacrofano, in provincia di Roma, si celebra anche il 15° anniversario della rete che riunisce 5.500 religiose, religiosi e laici, tra cui almeno 600 giovani. E proprio gli Youth Ambassador dei vari continenti hanno portato la loro testimonianza: storie vive di impegno, creatività, motivazione, per lottare contro la piaga mondiale dello sfruttamento sessuale e lavorativo, che coinvolge sempre più donne, uomini e bambini, cambiando volti e forme. Ora l’attenzione è puntata sui social, luogo pericoloso dove vengono adescate le vittime. Annullata l’udienza privata che questa mattina, 23 maggio, i 153 delegati all’Assemblea provenienti da 71 Paesi, tra cui decine di giovani, avrebbero dovuto avere con Papa Francesco: il Santo Padre invierà un suo messaggio. “In cammino insieme per porre fine alla tratta di esseri umani: compassione in azione per la trasformazione” è il tema scelto per l’evento. Nel 2023 con la loro azione di prevenzione, sensibilizzazione, sostegno e advocacy le coraggiose religiose anti-tratta hanno raggiunto nel mondo almeno 793mila persone.

La dichiarazione finale. Ieri, 22 maggio, è stata presentata una dichiarazione finale sulle strategie per i prossimi cinque anni (2025-2030). Tre le priorità: il cambiamento sistemico di fronte alle nuove vulnerabilità; mettere al centro i sopravvissuti con azioni per la messa in sicurezza, l’accoglienza, l’educazione e l’inserimento lavorativo; ampliare le collaborazioni e il partenariato.

Le storie di riscatto e liberazione sono all’ordine del giorno. Akinyi Pauline Juma, 29 anni, keniana, madre di tre figli di 9, 6 e 2 anni, ha vissuto una durissima esperienza di tratta nella baraccopoli di Kibera a Nairobi. È stata vittima di sfruttamento sessuale dai 16 ai 19 anni, poi è caduta nelle mani di un marito violento ma ha avuto la forza d’animo di liberarsi. «A 24 anni sono fuggita da Kibera con mia madre e i miei tre figli – racconta -. Siamo andati a Kajiado». Lì ha fondato Rebirth of a queen, una organizzazione che in 5 anni anni ha liberato 225 donne. Hanno una casa rifugio protetta dove possono ospitare fino a 38 persone inviate dai servizi sociali o dalle forze dell’ordine e fanno una azione di riabilitazione a tutto campo. «Oltre a offrire protezione, cerchiamo di formare le donne perché raccontino la loro esperienza. Facciamo corsi di storytelling e fotografia, abbiamo un laboratorio per produrre borse in pelle. Vogliamo che si costruiscano una propria indipendenza economica, per essere veramente libere». Purtroppo due mesi fa c’è stata una fuga di notizie da parte delle forze dell’ordine. I trafficanti sono venuti a sapere la località segreta della casa rifugio. «Sono entrati e ci hanno rubato delle cose. Ci siamo molto spaventate, è stato un trauma. La sicurezza per noi è il primo problema, perché non abbiamo i soldi per pagare agenti privati, come necessario nelle nostre zone». Rebirth of a queen vive di donazioni e sostegno da parte di organizzazioni più grandi, tra cui il network di Talitha kum.

I giovani di Asia, Oceania, Americhe, Africa ed Europa – Youth Ambassador – hanno raccontato in sintesi le iniziative che portano avanti nei rispettivi territori. La prevenzione e sensibilizzazione è presente ovunque, come pure la formazione e l’azione di advocacy presso le istituzioni per promuovere leggi anti-tratta più repressive nei confronti dei trafficanti e maggiori tutele per le sopravvissute. Anche la preghiera viene considerata una “forza potente”: frequenti sono le marce, le veglie e le celebrazioni organizzate, ad esempio, in occasione della festività della schiava diventata santa Bakhita, l’8 febbraio, quando la Chiesa celebra la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani. Spiccano, tra le tante iniziative, lo shop che produce e vende bagel a Tirana, Albania, dove lavorano decine di donne sopravvissute alla tratta; i flash mob, le manifestazioni per sensibilizzare i bambini in Canada, i progetti con le madri in Nuova Zelanda, il lavoro di prevenzione dei matrimoni forzati e della tratta nelle dure realtà delle baraccopoli in India, i programmi nelle scuole in Giappone, i progetti multidimensionali in Colombia, El Salvador, Brasile, Thailandia, Zimbabwe.

Per adeguarsi alle nuove insidie dei social e di internet e usare nuovi linguaggi, il network di Talitha Kum ha perfino lanciato alcuni mesi fa una App in cinque lingue, “Walking in dignity”, scaricata finora da 500 persone. «È stata pensata come un gioco, per far capire l’importanza della prevenzione», spiega suor Abby Avelino, filippina, delle suore di Maryknoll, coordinatrice internazionale di Talitha Kum. Prima ha lavorato in Giappone e Thailandia. «Il nostro obiettivo ora è raggiungere più giovani possibili – afferma -. In questi anni siamo molto cresciuti: nell’assemblea del 2019 eravamo a 30 reti locali, ora sono 60. I cambiamenti climatici, i conflitti, lo sfruttamento sessuale online di bambini e donne sono oggi le nostre principali sfide. La priorità è proteggere e aiutare le sopravvissute ma anche fare opera di prevenzione e contrastare la domanda da parte degli uomini, in continuo aumento. Vogliamo collaborare ancora di più tra di noi e con i leader religiosi, i governi, i legislatori, le organizzazioni internazionali, le ong e le persone che lavorano sul campo».

Questa mattina, 23 maggio, è in programma la liturgia celebrata dal cardinale Michael Czerny nella basilica di San Pietro e, nel pomeriggio, la cerimonia di premiazione del “Sisters Against Trafficking Award” all’auditorium Augustinianum di Roma. Tre suore saranno premiate per l’eccezionale coraggio, la creatività, la collaborazione e i risultati ottenuti nella protezione delle loro comunità. (Patrizia Caiffa)

23 maggio 2024