A Gerusalemme il “Cammino di Pace” si trasforma in Via Crucis

Monsignor Andreatta dell’Orp: «Dopo l’attentato in sinagoga ripercorriamo attraverso la Passione di Cristo la sofferenza umana vissuta da queste popolazioni nelle ultime ore. Preghiamo per loro e con loro»

Un ponte di pace. Costruito sulla preghiera, affinché i muri che dividono i popoli si trasformino in pietre vive per un cammino di fraternità. Questo il senso della Via Crucis che, oggi giovedì 20, percorre Gerusalemme dal Convento della Flagellazione alla Basilica del Santo Sepolcro. Un’iniziativa che è il cuore del pellegrinaggio della diocesi di Roma in Terra Santa, in occasione dell’ottantesimo anniversario di fondazione dell’Opera Romana Pellegrinaggi.

Un cammino iniziato lunedì scorso che dalla Galilea, in particolare a Nazareth, è proseguito verso il lago di Tiberiade fino a Betlemme e poi a Gerusalemme. Il programma prevedeva per la giornata di oggi il “Cammino internazionale di Pace Giovanni Paolo II” da Betlemme a Gerusalemme, realizzato dall’Opera romana in collaborazione con l’Ufficio nazionale israeliano del turismo. Dopo l’attentato di martedì scorso avvenuto in una sinogoga nel quartiere Har Nof di Gerusalemme in cui hanno perso la vita cinque persone e sei sono rimaste ferite, il cammino si è trasformato in un intenso momento di preghiera.

I pellegrini della diocesi di Roma, nella mattinata di oggi, iniziano la loro giornata con la Messa nella chiesa di Santa Caterina a Betlemme dove sono distribuiti dei ramoscelli d’ulivo. Un passaggio molto significativo accompagnato da un momento di preghiera con la comunità palestinese. Dopo la celebrazione eucaristica, la seconda tappa è Gerusalemme. «Abbiamo voluto che il cammino si trasformasse nella Via Crucis, che è il cuore della fede cristiana, la croce portata con amore che vince il male – spiega monsignor Liberio Andreatta, vice presidente e amministratore delegato Opera romana, che accompagna i pellegrini insieme a monsignor Lorenzo Leuzzi, vescovo ausiliare di Roma -. Ripercorriamo attraverso la Passione di Cristo l’atroce sofferenza umana che stanno vivendo queste popolazioni nelle ultime ore, preghiamo con loro e per loro perché l’odio non può e non deve avere l’ultima parola, da cristiani siamo chiamati a testimoniare il Cristo crocifisso, morto e risorto. È questo lo spirito che anima i nostri passi».

Parole quelle di monsignor Andreatta che riprendono anche l’accorato appello per la pace fatto da papa Francesco ieri durante l’udienza generale. «Dal profondo del cuore – ha detto il Papa – rivolgo alle parti implicate un appello affinché si ponga fine alla spirale di odio e di violenza e si prendano decisioni coraggiose per la riconciliazione e la pace. Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento!».

Dopo la Via Crucis nelle strade di Gerusalemme i partecipanti all’iniziativa si radunano al Notre Dame Center, per concludere la mattinata con un momento di preghiera insieme alla comunità israeliana. Altri momenti importanti di questo pellegrinaggio iniziato lunedì sono stati la Santa Messa a Magdala nella chiesa Duc in Altum, l’attraversamento del lago di Tiberiade, Cafarnao e il Monte delle Beatitudini.

Inoltre, al pellegrinaggio partecipano anche alcuni rappresentanti della pastorale universitaria della diocesi di Roma, di cui monsignor Lorenzo Leuzzi è direttore. In questi giorni in cui si tocca con mano l’importanza della pace, la preghiera diventa la risposta d’amore alle asce di guerra e i canti in varie lingue, una luce di speranza.

 

20 novembre 2014