Dall’Africa a Roma con i corridoi universitari

Bereket e Mohtas, accolti alla Luiss, arrivati per proseguire il loro iter accademico grazie a un progetto per i rifugiati in Etiopia. Coinvolta la Caritas

«Mi sentivo davvero felice. Avevo finalmente l’opportunità di proseguire i miei studi». Bereket Gebremichael sorride emozionato ricordando il suo arrivo a Roma un anno e mezzo fa. Un inizio nuovo e colmo di speranza per lui, costretto a lasciare il Paese di origine, l’Eritrea, e a vivere per tre anni in un campo rifugiati in Etiopia. Oggi, grazie a una borsa di studio, frequenta il corso di laurea magistrale in “Corporate Finance” all’Università Luiss ed è in procinto di laurearsi. Il suo sogno: diventare un analista finanziario. «La mia passione per la finanza è nata da studi pregressi ma è soprattutto grazie a questo percorso di formazione che si è rafforzata, ponendo delle basi solide per il mio futuro – racconta -. Quando sarà possibile, mi piacerebbe tornare nel mio Paese per ricostruirlo e dare un contributo».

Mosso da una determinazione incrollabile è anche Mohtas Anwar Modier, giovane rifugiato sudanese laureato in Agraria, anche lui accolto dalla Luiss, dove frequenta dallo scorso settembre il corso in “Diritto, innovazione digitale e sostenibilità”. «L’istruzione è la chiave del successo – le sue parole -. Vorrei fare volontariato nell’area di mia competenza per poter ripagare l’aiuto ricevuto dall’Italia». Questi sono solo alcuni dei volti protagonisti del progetto “Corridoi universitari”, promosso da Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, ministero degli Affari Esteri, Caritas italiana in collaborazione con le Caritas diocesane, Diaconia valdese, Gandhi Charity, oltre che da una rete di atenei italiani. L’obiettivo: offrire ai rifugiati residenti in Etiopia, selezionati sulla base di requisiti accademici e motivazionali, l’opportunità di arrivare in Italia in maniera regolare e sicura per proseguire il proprio percorso accademico. A tale scopo, vengono rilasciati loro visti per motivi di studio e borse di studio in Paesi terzi.

Nata nel 2019 con una prima fase pilota, l’iniziativa ha visto, fino allo scorso anno, la partecipazione di 26 studenti e 11 università italiane. «La gran parte dei rifugiati nel mondo è accolta da Paesi in via di sviluppo dove spesso mancano le opportunità per il domani – spiega Barbara Molinario di Unhcr -. Soltanto il 3% di loro infatti ha accesso all’università, a fronte di una media pari al 37% a livello globale». Da qui l’importanza di un progetto, quest’anno giunto alla sua terza edizione, destinato a generare risultati positivi «non solo tra i giovani che ora stanno studiando con successo ma anche tra il resto della popolazione rifugiata, che inizia a guardare al futuro con speranza e ottimismo». Un percorso di realizzazione professionale e di inclusione sociale che vede coinvolti attivamente gli atenei, impegnati a sostenere l’inserimento del beneficiario nel contesto universitario, e le Caritas diocesane. «Al momento ci occupiamo di accompagnare gli studenti nel percorso di integrazione e di supporto psico-sociale – riferisce Martina Morotti, tutor di Caritas Roma -. Tutto ciò che facciamo nasce da una profonda azione di ascolto». Una delle sfide del progetto, conclude Morotti, è dunque quella di «ricreare progetti di generatività individuali e collettivi volti a produrre una sinergia arricchente».

29 marzo 2021