Don Luigi Di Liegro, «segno di pace, incarnato nella storia della nostra città»

La Messa nel 26° anniversario della morte del fondatore e primo presidente di Caritas Roma. Il vicegerente Reina: «Uomo e sacerdote che ha “respirato” Dio»

A 26 anni dalla morte di don Luigi Di Liegro, avvenuta all’ospedale San Raffaele di Milano il 12 ottobre 1997, la testimonianza umana e sacerdotale del fondatore della Caritas di Roma è quanto mai attuale e interroga su temi quali l’immigrazione, le disuguaglianze, le povertà materiali, educative e morali. «Noi da che parte vogliamo stare?». Come il “prete degli ultimi” vogliamo «provare a rendere ragione del Vangelo dentro a una società che afferma altri principi», lontani dal Vangelo, e quindi «provare ad affermare la dignità dell’uomo, la giustizia, la solidarietà, l’accoglienza degli ultimi» in un contesto simile a quello degli anni ’80, in cui ha vissuto don Luigi; o vogliamo stare «dalla parte degli arroganti e dei prepotenti?». È la domanda che ha posto ieri sera, 12 ottobre, il vicegerente della diocesi di Roma Baldo Reina, durante la Messa che ha presieduto in memoria di don Di Liegro nella basilica dei Santi XII Apostoli, dove il sacerdote  organizzava, con la Caritas di Roma – di cui fu anche primo presidente -, le celebrazioni in memoria di sant’Oscar Arnulfo Romero.

Nella liturgia promossa dalla Fondazione internazionale Don Luigi Di Liegro, in collaborazione con la Caritas diocesana, il vescovo ha rimarcato che «il messaggio, l’insegnamento e la testimonianza di don Luigi diventano per noi un richiamo a leggere con occhi diversi la storia, perché le contraddizioni che ha dovuto affrontare lui sono molto simili a quelle che oggi constatiamo nella nostra città». Di Liegro è stato per Roma «un prezioso sacerdote che ha fecondato la realtà della nostra Chiesa, di cui ancora raccogliamo frutto». Commentando la parabola dell’amico inopportuno, il vicegerente ha spiegato che il passo del Vangelo riflette il comportamento «di chi intende essere carità». Come cristiani siamo chiamati «ad applicare i principi che Dio applica nei nostri confronti – ha proseguito -. Non possiamo da una parte chiedere a Dio e ottenere, perché Dio risponde, e dall’altra chiudere il cuore e la mano a chi invece la tende nei nostri confronti. La carità è una logica consequenziale del cristiano. Anche questo  – ha continuato – è un tratto forte, bello, attraente della testimonianza di don Luigi. Un uomo, un cristiano, un sacerdote che si è messo in sintonia di Dio, ha respirato Dio, ha amato Dio, ha vissuto interamente per Dio e la conseguenza è stata quella che tutti noi conosciamo».

Reina ha quindi chiesto l’intercessione di don Di Liegro perché in diocesi «ancora sorgano cristiani, sacerdoti, vescovi in grado di testimoniare il Vangelo così come ha fatto lui», mentre padre Sandro Barlone, presidente della Fondazione internazionale Don Luigi Di Liegro, ha pregato il sacerdote morto 26 anni fa «per le attività della Fondazione, soprattutto per quelle che mettono a contatto con le fragilità psichiche e sociali». In occasione della celebrazione i partecipanti del laboratorio creativo della onlus hanno allestito all’ingresso della basilica l’installazione “Io mi manifesto”, progetto che nasce dall’idea di permettere ai partecipanti di manifestare il proprio “io” tramite l’arte.

Alla Messa, concelebrata dai vescovi ausiliari Benoni Ambarus – già direttore della Caritas diocesana, ora delegato per la Carità – e Riccardo Lamba – delegato alla Chiesa ospitale e in uscita -, ha partecipato anche l’attuale direttore della Caritas di Roma Giustino Trincia. Tra le prime file Luigina Di Liegro, nipote del sacerdote e segretario generale della Fondazione, il sindaco di Gaeta, città natale di Di Liegro, Cristian Leccese, l’assessore capitolino alle Politiche sociali Barbara Funari. Oliviero Bettinelli, attualmente vice direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale sociale, per anni responsabile dell’area Pace e mondialità della Caritas diocesana, ha parlato dell’impegno di don Luigi per la pace. «Costruiva la pace tutti i giorni», ha affermato ricordando i viaggi fatti insieme in Bosnia, Albania, Palestina. Di Liegro era «uomo di pace» alla Pantanella (ex fabbrica di pasta in stato di abbandono tra via Prenestina e via Casilina dove negli anni ’80 e ’90 vivevano centinaia di immigrati), nel suo ufficio quando accoglieva decine di persone, quando andava nelle parrocchie. «È stato ed è segno di pace perché si è incarnato nella storia di questa città e delle persone che ha incontrato», ha concluso.

13 ottobre 2023