Francesco alla Curia: «Ascoltare, discernere, camminare»
Negli auguri di Natale, la consegna dei tre verbi, attraverso i “protagonisti” del Natale: Maria, il Battista e i Magi. L’invito a vincere la tentazione di «”labirintare” dentro i nostri recinti e nelle nostre paure» e a restare «vigilanti contro il fissismo dell’ideologia»
Ascoltare, discernere, camminare. Sono i verbi scelti da Papa Francesco per il discorso degli auguri natalizi ai membri della Curia romana. Tre verbi che il pontefice ha voluto «consegnare» attraverso personaggi protagonisti del Natale, dopo le parole augurali che gli ha rivolto il decano del Collegio cardinalizio Giovanni Battista Re.
«Anzitutto Maria, che ci ricorda l’ascoltare perché prima di ogni precetto è importante entrare in relazione con Dio», ha detto il Papa. Un verbo che «implica il coinvolgimento del cuore», un «ascolto interiore capace di intercettare i desideri e i bisogni dell’altro, di una relazione che ci invita a superare gli schemi e a vincere i pregiudizi in cui a volte incaselliamo la vita di chi ci sta accanto. Ascoltare è sempre l’inizio di un cammino». Come Maria, «ascoltare “in ginocchio” è il modo migliore per ascoltare davvero, perché significa che non stiamo davanti all’altro nella posizione di chi pensa di sapere già tutto» ma, al contrario, «apre al mistero dell’altro, pronti a ricevere con umiltà quanto vorrà consegnarci. A volte – ha aggiunto Francesco – anche nella comunicazione tra di noi, rischiamo di essere come dei lupi rapaci: cerchiamo subito di divorare le parole dell’altro, senza ascoltarle davvero, e immediatamente gli rovesciamo addosso le nostre impressioni e i nostri giudizi. Invece, per ascoltarsi c’è bisogno di silenzio interiore, ma anche di uno spazio di silenzio tra l’ascolto e la risposta. Non è un ping pong. Prima si ascolta, poi nel silenzio si accoglie, si riflette, si interpreta e, soltanto dopo, possiamo dare una risposta. Tutto questo lo si impara nella preghiera», che «fa scendere dal piedistallo il nostro egocentrismo». E il Papa ha sottolineato l’importanza anche nel lavoro della Curia di «recuperare uno spirito contemplativo», di «imparare l’arte dell’ascolto», «riscoprire il valore delle relazioni, e cercare di spogliarle dai formalismi, di animarle di spirito evangelico, anzitutto ascoltandoci a vicenda», senza pregiudizi.
Poi, prendendo spunto da Giovanni Battista, che sa cambiare di fronte a un Messia che non è come se lo aspettava, ha parlato del discernimento, «arte della vita spirituale che ci spoglia della pretesa di sapere già tutto, dal rischio di pensare che basta applicare le regole, dalla tentazione di procedere, anche nella vita della Curia, semplicemente ripetendo degli schemi, senza considerare che il Mistero di Dio ci supera sempre e che la vita delle persone e la realtà che ci circonda sono e restano sempre superiori alle idee e alle teorie. Il discernimento deve aiutarci, anche nel lavoro della Curia, ad essere docili allo Spirito Santo, per poter scegliere gli orientamenti e prendere le decisioni non in base a criteri mondani, o applicando dei regolamenti, ma secondo il Vangelo».
Infine, la terza parola, camminare, che riporta ai Magi. «La gioia del Vangelo, quando la accogliamo davvero, innesca il movimento della sequela, provocando un vero e proprio esodo da noi stessi. La fede cristiana non vuole confermare le nostre sicurezze, farci accomodare in facili certezze religiose, regalarci risposte veloci ai complessi problemi della vita. Al contrario, quando Dio chiama suscita sempre un cammino. Egli ci mette in viaggio, ci trae fuori dalle nostre zone di sicurezza, mette in discussione le nostre acquisizioni e, proprio così, ci libera, ci trasforma».
«Anche nel servizio qui in Curia è importante restare in cammino, non smettere di cercare e di approfondire la verità, vincendo la tentazione di restare fermi e di “labirintare” dentro i nostri recinti e nelle nostre paure. Le paure, le rigidità, la ripetizione degli schemi generano staticità, che ha l’apparente vantaggio di non creare problemi, ci portano a girare a vuoto nei nostri labirinti, penalizzando il servizio che siamo chiamati a offrire alla Chiesa e al mondo intero. E restiamo vigilanti contro il fissismo dell’ideologia, che spesso, sotto la veste delle buone intenzioni, ci separa dalla realtà e ci impedisce di camminare».
«Quando il servizio che svolgiamo rischia di appiattirsi, di “labirintare” nella rigidità o nella mediocrità, quando ci troviamo ingarbugliati nelle reti della burocrazia e del “tirare a campare”, ricordiamoci di guardare in alto, di ripartire da Dio, per trovare sempre il coraggio di ripartire. È questione di amore. La fatica, oggi, è quella di trasmettere passione a chi l’ha già persa da un pezzo. A sessant’anni dal Concilio – ha concluso Bergoglio – ancora si dibatte sulla divisione tra “progressisti” e “conservatori”, mentre la differenza centrale è tra “innamorati” e “abituati”. Questa è la differenza. Solo chi ama cammina».
21 dicembre 2023