Il filo diretto della solidarietà, da Roma all’Ucraina

La basilica di Santa Sofia divenuta punto di raccolta di beni di prima necessità per vittime della guerra e sfollati. Il rettore don Semehen: «Aiuto costante e fraterno»

Arrivando alla basilica minore di Santa Sofia a via Boccea, la chiesa nazionale degli Ucraini a Roma, si rimane colpiti dal continuo flusso di auto e furgoni carichi di beni di prima necessità destinati alla popolazione del Paese colpito dalla guerra e agli sfollati che hanno lasciato la patria per cercare salvezza. «Non ci aspettavamo questa risposta straordinaria e questo aiuto costante e fraterno, che ci rende felici – dice don Marco Yaroslav Semehen, rettore del luogo di culto in stile bizantino -. L’iniziativa è partita in modo molto semplice e del tutto informale anche graize al direttore dell’Ufficio Migrantes diocesano monsignor Pierpaolo Felicolo, che si è attivato da subito, e già sabato scorso è arrivato il primo carico. Da lì si è creata un’ampia rete di aiuti, fatta sia da ucraini sia da italiani». Mercoledì c’è stata anche la visita del cardinale Konrad Krajewski, «l’elemosiniere del Papa che ci ha portato l’aiuto e la vicinanza del Santo Padre», aggiunge don Semehen.

Ci sono famiglie, parrocchie, associazioni ma anche scuole – al Quadraro, l’Istituto comprensivo “Gigi Proietti” ha organizzato una raccolta speciale lo scorso giovedì ma iniziative simili sono in corso in diversi istituti della Capitale – che si stanno attivando per fornire il necessario, «dagli alimenti in scatola e non deperibili ai sacchi a pelo e ai materassini, dalle calze calde ai medicinali, la cosa primaria e che più serve», sono ancora le parole di don Semehen, che coordina la raccolta. Mentre spiega come «la lista di quanto è necessario viene aggiornata via via, in base alle notizie che ci arrivano», il suo telefono suona più volte: c’è chi chiede informazioni sugli orari utili per la consegna (ogni giorno dalle 9 alle 20) e chi vuole offrire ospitalità e accoglienza per i profughi che dovessero averne bisogno, anche se «qui ancora non si è verificata questa necessità», dice.

Mauro, da Tor San Lorenzo, comune di Ardea, spiega di essere venuto «per offrire due posti di lavoro» mentre un medico di una farmacia di Boccea «perché abbiamo 700 euro di farmaci ospedalieri da inviare e vogliamo essere sicuri delle procedure da seguire per garantire senza problemi il passaggio alla dogana». Due volontari della parrocchia Santa Bernadette Subirous, a Colli Aniene, raccontano di avere «scaricato oggi il primo furgone, ma ne abbiamo già un altro pronto da portare nei prossimi giorni». Don Semehen fa sapere ancora che «ci sono aziende che ci contattano per mandare i loro prodotti e anche diversi agricoltori».

Su alcuni degli scatoloni disposti con rigore – tanto da formare dei corridoi, come se ci si muovesse in un ordinato e brulicante formicaio – qualcuno ha disegnato il simbolo della pace utilizzando i colori della bandiera dell’Ucraina. E sono proprio il giallo e il blu a colorare la farfalla che spicca sui fogli che i volontari addetti a favorire il traffico delle auto e dei furgoni tengono in mano, mostrando insieme al loro sorriso grato la scritta “Le ali della libertà”. Questo semplice simbolo viene consegnato anche a chiunque si rechi a Santa Sofia per una donazione, come a voler lasciare il segno di un legame creato e da non dimenticare.

3 marzo 2022