Il Papa: «Meno armi e più cibo»

Al termine dell'Incontro promosso da Sant'Egidio, la preghiera con i leader delle altre religioni e l'Appello consegnato dai bambini. L'invito a disinnescare «in ogni tradizione religiosa la tentazione fondamentalista». La cancelliera tedesca Merkel: la pace è possibile «anche se a volte è dura»

Un processo di pace si costruisce anche provando empatia per il prossimo che soffre, rigettando le differenze, accogliendo chi fugge dalla propria terra, rispettando ogni essere umano, il pianeta e la natura. Dal Colosseo, teatro di spettacoli cruenti durante la Roma imperiale, Papa Francesco e i leader di varie tradizioni religiose esortano a non «rassegnarsi» perché «i popoli desiderano la pace». Con l’Appello di pace consegnato da alcuni bambini agli ambasciatori si è chiuso ieri pomeriggio, 7 ottobre, il 35° Incontro internazionale di dialogo e preghiera per la pace “Popoli fratelli Terra futura” organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio nello spirito di Assisi, in memoria dello storico incontro per la pace voluto da Papa Giovanni Paolo II, che il 27 ottobre 1986 convocò i leader religiosi nella città di San Francesco. Un appello che chiede di accelerare le dismissioni del nucleare perché «la proliferazione delle armi nucleari è una minaccia incredibile». Il documento, sottoscritto dai leader religiosi, è stato letto da Sabera Ahmadi, giunta recentemente dall’Afghanistan sprofondato nuovamente nel terrore in pochi giorni, dopo la presa di potere dei talebani.

Bergoglio ha chiesto ai potenti della terra un’inversione di rotta affinché ci siano «meno armi e più cibo, meno ipocrisia e più trasparenza, più vaccini distribuiti equamente e meno fucili venduti sprovvedutamente». Ha incitato «con parole chiare, a deporre le armi, a ridurre le spese militari per provvedere ai bisogni umanitari, a convertire gli strumenti di morte in strumenti di vita». Ha quindi «pregato» chi sparge i semi della violenza, per difendere le proprie ideologie, di disinnescare «in ogni tradizione religiosa la tentazione fondamentalista, ogni insinuazione che induca a considerare il fratello un nemico. Mentre tanti sono presi da antagonismi, da fazioni e giochi di parte, noi facciamo risuonare quel detto dell’Imam Ali: “Le persone sono di due tipi: o tuoi fratelli nella fede o tuoi simili nell’umanità”. Non c’è un’altra divisione».

La chiave per intraprendere un cammino di pace è la compassione, ha spiegato il vescovo di Roma, perché questa evita di assuefarsi alla violenza, di voltarsi dall’altra parte «convinti che mai ci toccherà. Con la vita dei popoli, dei bambini, dei migranti non si può giocare e restare indifferenti – ha detto -. La vita dei popoli non è un gioco, è cosa seria e riguarda tutti; non si può lasciare in balia degli interessi di pochi o in preda a passioni settarie e nazionaliste. È la guerra a prendersi gioco della vita umana. È la violenza, è il tragico e sempre prolifico commercio delle armi, che si muove spesso nell’ombra, alimentato da fiumi di denaro sotterranei». Agli occidentali non toccati in prima persona dalla guerra mondiale “a pezzi”, Bergoglio ha detto di «smettere di accettarla con lo sguardo distaccato della cronaca, sforzandosi di vederla con gli occhi dei popoli. Siamo chiamati, come rappresentanti delle religioni, a non cedere alle lusinghe del potere mondano ma a farci voce di chi non ha voce».

Dal palco allestito davanti al Colosseo la cancelliera tedesca Angela Merkel ha rimarcato che la «sofferenza umana non deve mai essere relativizzata perché la dignità di ogni persona è intoccabile». È quindi urgente aprire «un dialogo rispettoso, una comprensione reciproca della dignità dell’uomo, dell’apertura e della tolleranza». Non disperare se per far tacere i conflitti occorre fare «un lavoro dolorosamente lungo» perché la pace è possibile «anche se a volte è dura». Un cammino di pace che «possa partire da Roma e diffondersi» affinché non si resti «spettatori passivi di fronte ai conflitti». Il Grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, firmatario con Papa Francesco del “Documento sulla fratellanza umana”, si è soffermato sulla disparità della campagna vaccinale nel mondo. «La produzione del vaccino e il modus operandi della sua distribuzione non sono stati all’altezza delle responsabilità – ha detto -, provocando così la morte di 5 milioni di persone. La criticità grave nella distribuzione ha privato interi continenti del vaccino». Per Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, «la dura lezione della pandemia ha accresciuto nelle religioni la coscienza di dover lavorare insieme, come non mai». Collaborare per riportare la pace nei luoghi dilaniati dai conflitti. «Le religioni possono disarmare il clima di violenza che ci circonda e aprire piccoli e grandi percorsi di pace – ha aggiunto -. La guerra non è mai una soluzione. Le relazioni dure tra Paesi, la rivalutazione della forza come strumento politico, sono espressione di una cultura della violenza di cui è parte una politica predatoria verso l’ambiente. Predatori, concentrati sul proprio interesse, dimentichi che la Casa comune è anche delle generazioni future».

8 ottobre 2021