Convegno a Castel Sant’Angelo ha ricordato la figura e l’opera di Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II: gli interventi del cardinale Re, dell’arcivescovo Marchetto, di Navarro-Valls, Marco Roncalli e Veltroni
Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II: tre Pontefici che hanno fatto la storia della Chiesa e la storia del ’900, tre uomini del tutto differenti per origini, formazione, modo di essere. Tre vite straordinarie, unite dalla forza nella fede che li ha resi protagonisti di cambiamenti epocali, dentro e fuori la Chiesa. A loro è stato dedicato il convegno «2014 l’anno dei Papi santi del Concilio», tenutosi nel Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, in occasione della mostra «I Papi della Speranza».
L’incontro, organizzato dalla Sopraintendenza speciale per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico di Roma e dal Centro europeo per il turismo e la cultura, è stato un’occasione per ripercorrere la loro opera, grazie alle testimonianze dirette di chi è stato al loro fianco e di illustri studiosi. Un’opera sottolineata anche da Papa Bergoglio che ha voluto riconoscere la santità di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e ha proclamato beato Paolo VI.
Ed è su questo filo conduttore che si è svolto il convegno coordinato dall’arcivescovo Agostino Marchetto e aperto dal saluto del presidente del Centro europeo per il turismo e la cultura, Giuseppe Lepore, che ha ricordato come la visita di Papa Giovanni Paolo II a Castel Sant’Angelo segnò il ritorno di un Pontefice «”contemporaneo” in quella che fu l’antica dimora dei Papi». Il cardinale Giovanni Battista Re ha descritto a tutto tondo la figura di Paolo VI, vero timoniere del Concilio Vaticano II indetto da Giovanni XXIII. Un Papa ricco di spiritualità ma al tempo stesso capace di accorgersi dei cambiamenti del mondo moderno tanto da lasciare in eredità l’enciclica Popolorum progressio incentrata sulla questione sociale come questione morale.
«Pochi hanno saputo cogliere come lui – ha spiegato il porporato – le inquietudini dell’uomo contemporaneo. Paolo VI ha capito l’uomo perché lo ha guardato con gli occhi di Dio. È stato un Papa che ha saputo apprezzare i progressi della scienza e, al tempo stesso, immergersi nei problemi che la modernità pone alla fede cristiana». Si è poi passati al ricordo di Roncalli, il «Papa buono», che con la sua missione ha donato la speranza di poter vivere realmente le virtù cristiane, intese come motore capace di incidere nella storia dell’uomo. «C’è un cristianesimo che si è fatto storia e una storia di santità che si è espressa nella vita di Angelo Giuseppe Roncalli», ha detto Marco Roncalli, presidente della Fondazione Papa Giovanni XXIII, che ha citato le parole di Bergoglio. «Giovanni XXIII è santo perché nella sua vita ha continuato a distaccarsi completamente da se stesso, anteponendo il Vangelo a tutto…».
Il racconto corre veloce tra storia e religione e si arriva così a ripercorrere la grande opera di Giovanni Paolo II attraverso la testimonianza di Joaquín Navarro-Valls, a lungo direttore della Sala stampa della Santa Sede. «Ho avuto la fortuna di vivere al fianco di un santo ma soprattutto di un amico che nei momenti di tranquillità e nella vita ordinaria non esitava ad aprirsi completamente facendomi capire la sua grandezza. Non posso che ringraziarlo per aver illuminato l’umanità e il sottoscritto con la sua grande semplicità».
A fornire un quadro cronologico dello stretto rapporto che lega l’Italia e la Chiesa è stato Walter Veltroni, che ha rievocato parole ed espressioni dei tre Papi rimaste scolpite nella memoria degli italiani: dall’indimenticabile «carezza del Papa ai bambini» di Roncalli al discorso di Paolo VI rivolto a Dio, pronunciato dopo l’assassinio di Aldo Moro, fino al primo appello di Giovanni Paolo II: «Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!».
30 ottobre 2014