Raccontare i ragazzi per ritrovare noi stessi

L’adolescenza è «un continente immenso che si articola in mille forme ma che si nutre in modo continuo di un unico ossigeno: l’eccesso di vita»

Termina con questo articolo la seconda stagione della rubrica #quindiciventi. Quando due anni fa ho accettato la proposta di Romasette.it di scrivere ogni quindici giorni sul mondo degli adolescenti il timore principale era quello di trovarmi a riflettere sempre sugli stessi temi. Eppure, la mia esperienza di insegnante, ma anche di genitore, mi confortava sul fatto che no, gli adolescenti non sono sempre gli stessi, cambiano anno dopo anno, anzi, giorno dopo giorno. In effetti l’impegno in questa rubrica non solo ha confermato questo dato di realtà ma di più, ha arricchito di una nuova consapevolezza il mio sguardo su questa fascia d’età così particolare e sul perché noi tutti, genitori, insegnanti, educatori, ci troveremo forse in eterno a fare i conti con questo tempo bello e complesso.

Nella settimana precedente la consegna del pezzo mi sono trovato sempre di fronte alla domanda: «Su cosa scriverò questa volta?». E questo nonostante fin dal principio avessi preso l’abitudine di appuntare possibili idee sul mio smartphone ogni volta ne avessi avute. Ma poi, puntuale, lo spunto è sempre arrivato e ovviamente il taccuino non è stato quello digitale ma quello ben più capiente della vita. Passando intere giornate a contatto con i ragazzi (a scuola la mattina e con i miei figli nel resto della giornata) l’unico atto che mi sono dovuto imporre è stato quello dello sguardo attento e consapevole. Un gesto, uno screzio, una parola preceduta da un hashtag, un istante rubato su un corridoio mi hanno ogni volta concesso il pensiero e quel contenitore spesso così stereotipato che definiamo adolescenza si è disvelato per quello che in realtà è, ovvero un continente immenso, che si articola in mille forme ma che si nutre in modo continuo e forsennato di un unico ossigeno: l’eccesso di vita.

 Sì, l’eccesso di vita. È questa, credo, la cifra essenziale del tempo dell’adolescenza, e forse per questo noi adulti ne siamo così attratti e reputiamo opportuno investire intelligenza, forze e prassi affinché possa venire fuori in tutta la sua potenza. Ma è questo per noi adulti anche un mistero, nel momento in cui ci troviamo a fare i conti con la vita che gradualmente sembra declinare verso la debolezza anziché la forza, verso lo scorrere anziché il crescere, verso il morire anziché il vivere. Lo dicevamo anche qualche articolo fa: l’adolescenza è il tempo dove per natura l’ago della bilancia tende assolutamente verso il segno della vita. Ma proprio per questo l’adolescenza è anche il tempo che ci interroga sulle nostre esistenze dove in modo misterioso quell’ago sembra spesso, inesorabilmente, piegare verso il segno opposto.

Eppure, ed è il pensiero che volevo condividere in questo articolo di congedo, io credo che proprio il lavorare per i ragazzi, il crescere ed educare i ragazzi fino anche a raccontarli, ci dica come quell’eccesso di vita in fondo non sia solo la cifra costitutiva di quell’età, che certo ne rifulge in modo particolare ma dell’essere umano stesso, a qualsiasi età e in qualsiasi condizioni. Perché in fondo, che nell’uomo ci sia ben più vita che morte, è forse la lezione più grande che i ragazzi possono donarci.

24 luglio 2019