Ripamonti: migranti in mare, serve uno sguardo più attento
Il presidente del Centro Astalli alla presentazione del libro di Paola Springhetti. Il gesuita ricorda le persone abbandonate nel Mediterraneo e nei centri di detenzione libici
«In questi giorni si parla delle persone che non vengono accolte nel Mediterraneo, ma quante di quelle persone sono ancora abbandonate in mare e quante altre sono nei centri di detenzione libici? Dobbiamo educarci ad uno sguardo più attento. La compassione non è emozionarsi per un morto in mare, per poi dimenticarsene il giorno dopo, come fanno i mezzi di comunicazione». Padre Camillo Ripamonti, presiedente del Centro Astalli, interviene in modo netto sulla vicenda dei soccorsi dei migranti in mare da parte delle navi umanitarie. L’occasione è la presentazione del libro “Il Buon samaritano nell’arte” di Paola Springhetti (Editrice Ave) nella parrocchia di San Barnaba, a Torpignattara, nel pomeriggio di domenica 6 novembre. «L’invito della parabola – ha aggiunto – è ad agire, come il samaritano che si muove a compassione per il malcapitato».
La parabola del Buon samaritano non solo è tra le più conosciute, è anche tra quelle più rappresentate in pittura e nelle arti visive in generale. «Questo volume, attraverso un itinerario nell’arte – ha affermato Ripamonti, che firma la prefazione – aiuta ad allenare lo sguardo: imparo a guardare mio fratello se educo il mio cuore a guardare». Nella parabola c’è una difficoltà a vedere la sofferenza. Nelle diverse interpretazioni che le opere d’arte ci mettono di fronte, il libro «permette di fare un’analisi interiore di come noi guardiamo la realtà circostante. Questo in una prospettiva di “Va’ e anche tu fa’ così”: ognuno deve prendersi una parte di responsabilità non come un eroe ma come parte di una comunità che si riconcilia prendendosi cura della persona più bisognosa – ha proseguito il presidente del Centro Astalli -. Papa Francesco, nell’enciclica “Fratelli tutti”, ha utilizzato la parabola del Buon samaritano che permette di accostarci a questo mondo ferito, in cui i malcapitati sono molti». Nella storia ha avuto diverse interpretazioni. All’inizio l’iconografia metteva al centro Gesù «poi piano piano ha assunto connotati umani e morali, fino a “Fratelli tutti” che mette insieme i due aspetti: il Signore salva attraverso la cura del fratello».
Partendo dalle vetrate delle cattedrali gotiche francesi, che hanno dato molto spazio all’interpretazione cristologica, il volume approfondisce le rappresentazioni che, dal Cinquecento, si sono appassionate a un racconto che mette al centro l’uomo. Lo sguardo del samaritano è quello «rivolto verso i malati, gli assetati, le persone in carcere», ha continuato padre Ripamonti. Il Buon samaritano è «la persona che chiunque, se vuole, può essere: gli altri personaggi della parabola fanno finta di niente, lui si accorge che c’è un problema attorno e decide di chinarsi su una persona che ha una fragilità», ha spiegato Paola Springhetti. «Un quadro non fa esegesi ma in ogni opera d’arte c’è dentro la cultura di quel tempo, di quel luogo, della singola persona». Le varie interpretazioni mettono in luce particolari spesso di estrema attualità. «Purtroppo – ha sottolineato l’autrice – non siamo più abituati a leggere e contemplare l’arte, che ci offre dei punti di vista e ci provoca». Questo libro, ha chiosato Fabrizio Molina, presidente dell’associazione Nessun luogo è lontano, «ci chiama a cercare dentro di noi la forza di capire che l’offerta che ci viene data dal rifugiato, dal migrante, dall’uomo violato è un’opportunità per essere persone migliori». (Ilaria Dioguardi)
7 novembre 2022