Roma capitale del divario e dell’esclusione
La mappa delle disuguaglianze, città spaccata tra un centro ricco e più anziano a prevalenza di laureati maschi, a fronte di una periferia giovane con una forte presenza di donne laureate. Parola chiave? Opportunità
Roma non è una città per donne. Soprattutto se anziane e single. Non è una battuta, ma il risultato di uno studio sulla città visibile sul blog #mapparoma realizzato da due ricercatori di Roma Tre come Keti Lelo e Salvatore Monni e da Federico Tomassi dell’Agenzia per la Coesione territoriale. «Guardando la Capitale l’emergenza è la disuguaglianza», sottolinea Salvatore Monni, professore del dipartimento di economia dell’Università di Roma Tre. È una città dove le differenze sono forti, soprattutto quelle di genere, istruzione e occupazione. Il tasso di laurea femminile è molto alto nelle zone del centro (I Municipio) e del nord, oltre all’Eur e dintorni, Parioli, Eur, Celio, Trieste, Nomentano e centro storico, e supera il 40% al Salario. «I laureati sono meno del 3% a San Basilio, a Labaro/Prima Porta e a Ostia Nord, il 5% a Tor Cervara e il tasso di disoccupazione è il 28% a Ponte di Nona e il 17% a Tor Cervara». Le donne a Roma si laureano più degli uomini: 266mila, a fronte di 235mila uomini. Tra le zone con più laureati maschi, solo cinque si trovano fuori del Gra: Roma è quindi ancora una volta spaccata tra un centro ricco e più anziano a prevalenza di laureati maschi, a fronte di una periferia giovane con una forte presenza di donne laureate.
L’occupazione, invece, si declina al maschile con un 55% a fronte del 42% per le donne. Una percentuale che riguarda tutti i livelli di istruzione. Questa differenza sembra caratterizzare soprattutto la periferia, dove le donne presentano un grado di istruzione quasi sempre maggiore degli uomini, ma registrano al contrario sempre e dovunque una minore occupazione. «Siamo vivendo delle trasformazioni molti forti. La grande ondata del baby boom degli anni ’60, oggi sta diventando l’ondata dei pensionati – spiega Giancarlo Cursi, docente di Metodologia pedagogica e sociologia dell’emarginazione alla Pontificia Università Salesiana –. È un processo che inizia ora e che a breve sarà ancora più forte. Ma non siamo pronti. Non ci sono servizi sufficienti per gli anziani.
Servono sempre più persone che lavorino per loro».
Dove si vive meglio? «Semplificando molto, direi al Centro, a Roma Nord (Parioli, Salario, Ponte Milvio), all’Eur e dintorni. Stanno peggio tutti i quartieri che si trovano fuori del Raccordo e in particolare il quadrante Est di Roma, anche dentro il Gra. Nella mappatura che abbiamo fatto – analizza Monni – questo è un dato che emerge non solo da reddito e occupazione ma anche dall’analisi di altri indicatori quali istruzione e inclusione sociale». Su questo precisa: «Essere esclusi non significa quindi, come si è troppo spesso soliti pensare, essere poveri da un punto di vista monetario, quanto piuttosto non disporre dell’istruzione che consenta di cogliere le opportunità per realizzare se stessi, o non sentirsi pienamente parte della propria comunità a causa della mancanza di lavoro, o essere discriminati per il proprio genere».
Quindi la vera parola chiave è opportunità. Non tutti le hanno in misura uguale e questo si traduce in percorsi di vita con diverse marce. «Per esempio – sottolinea Monni – la crescita non arriva a tutti. È facile che ne possano beneficiare più gli uomini che le donne; i cittadini di un territorio invece dei migranti». Ma non solo. «Se una donna ha dei figli e un lavoro precario spesso le conviene non lavorare che pagare un asilo. Questo esclude le donne da molti percorsi». Servono degli interventi: «Nel medio periodo – prosegue Monni – servizi gratuiti ora non accessibili, con “investimenti sociali” per contrastare le numerose e diffuse disuguaglianze che riguardano il welfare, la salute, la casa, la scuola, la formazione e l’occupazione, mediante progetti mirati e specifici da attuare – collaborando con l’associazionismo locale – nei quartieri che maggiormente subiscono i bassi livelli di istruzione, l’abbandono scolastico, la ridotta partecipazione al mercato del lavoro, il difficile inserimento lavorativo, l’elevata disoccupazione, l’inadeguata prevenzione sanitaria». Stiamo andando verso una società dai colori più marcati.
«Si allarga la forbice tra ricchi e poveri», sottolinea Cursi. «I poveri sono le madri nubili, i padri separati, chi ha perso il lavoro dai 45 anni in su, chi è vittima di usura, chi entra nel vortice della depressione. Le situazioni sono più difficili per chi non ha una famiglia o con l’avanzare dell’età la perde: si allentano quelle relazioni umane e familiari che sostengono la persona». E i servizi «sono carenti e non idonei ad affrontare questi cambiamenti sociali sempre più veloci». Nel cuore di una città che rimane aperta, accogliente, cresce una solitudine dell’anima. «Si può essere soli in mezzo alla folla – conclude Cursi –, e anche se Roma è una città socievole, questo non riscatta da una situazione di isolamento permanente».
19 novembre 2018